Le elezioni europee di poche settimane fa hanno registrato il netto successo del Rassemblement National guidato dal giovane Jordan Bardella, che ha raccolto il voto di protesta di settori ormai ampi della società francese. La sera stessa del voto, il presidente Macron, con una mossa inattesa e spiazzante, ha sciolto l’Assemblée Nationale e indetto nuove elezioni legislative. La sua scommessa: mettere i francesi di fronte alle conseguenze delle loro stesse scelte e spaventarli con la prospettiva di una vittoria dell’estrema destra in un’elezione “vera”.
In poche ore, l’intero panorama politico francese si è spaccato - in modo anche piuttosto violento - e ricomposto attorno a tre poli: la sinistra del Nouveau Front Populaire, strettamente legata all’immigrazione araba, senza un leader ben definito ma frutto di un accordo fra partiti piuttosto diversi; il campo presidenziale liberal-centrista, col giovane primo ministro Monsieur Attal in prima linea; il Rassemblement National che ripropone Bardella come candidato primo ministro, con Marine Le Pen come madrina politica. Col cerino in mano sono rimasti i Républicains, ormai orfani ideologici e incapaci di trovare un posto nello scacchiere.
Il primo turno è stato celebrato oggi. Il Rassemblement National è in testa col 34% dei voti, seguito a ruota dal Nouveau Front Populaire col 29%. Il campo presidenziale ha evitato il disastro ma appare fuori dai giochi col 22%. Ciononostante, il curioso sistema elettorale francese prevede che in molte circoscrizioni saranno presenti al secondo turno non due, bensì tre candidati: sono i famigerati scontri “triangolari”.
La strada per la maggioranza assoluta alla camera bassa si fa allora in salita per il RN, che potrebbe cadere preda di patti di desistenza fra la sinistra e i liberali macronisti. Patti che già ieri sera Mélenchon (esponente di punta del Front Populaire) ha invocato chiaramente. E anche nel caso decisamente improbabile di maggioranza parlamentare assoluta, il governo Bardella dovrà confrontarsi con le sottigliezze del sistema costituzionale francese, che assegna alcuni poteri specifici al Presidente della Repubblica (che rimane Macron fino al 2027) anche in caso di “coabitazione” con un governo politicamente incompatibile.
Dopo 7 anni di soporifero liberalismo in salsa di pensiero unico imposto da Macron e dal suo partito di plastica, il panorama politico è di nuovo occupato da schieramenti che rappresentano (più o meno genuinamente) posizioni ideologiche antitetiche e che propongono (più o meno convintamente) prospettive antropologiche e demografiche nettamente opposte. E aldilà della rappresentanza parlamentare, sta qui il fatto notevole: la linea di faglia politica principale non è più relativa alle ricette economiche, ma alla visione di società e al rapporto con l’universo dell’immigrazione, soprattutto arabo-islamica: comunitarismo o identitarismo? Oggi in Francia. Domani?