È difficile non rimanere colpiti – e francamente indignati – di fronte allo spettacolo di una sinistra che oggi, senza alcun pudore, propone con entusiasmo i 5 SÌ al referendum dell'8 e 9 giugno.
Infatti, se è vero che i SÌ ai primi 4 quesiti - tutti riguardanti l'abrogazione del Jobs Act - sono giusti e sacrosanti, è altresì vero che lo smantellamento dell'art. 18 è stato voluto, scritto e imposto proprio dal PD. Insomma, gli stessi che hanno precarizzato e deregolamentato il mercato del lavoro, oggi si travestono da salvatori, con una faccia tosta degna del miglior trasformismo parlamentare.
Come se tutto questo non bastasse, il quinto quesito è la ciliegina sulla torta dell’ipocrisia: la cittadinanza facile. Un vero e proprio escamotage per alimentare quello che Marx definiva “esercito industriale di riserva”. Milioni di nuovi "cittadini" usa-e-getta disponibili a inserirsi nel mercato del lavoro come manodopera a basso costo, pronti a comprimere ulteriormente i salari e minare ogni residuo potere contrattuale dei lavoratori italiani. Per non parlare dei devastanti costi sociali in termini di criminalità e degrado che comporterebbe fare dell'Italia un Paese ancora più attrattivo di oggi per i flussi migratori di mezzo mondo.
Insomma, la sinistra con una mano si propone di sanare le ferite che essa stessa ha inferto, mentre con l’altra ne apre addirittura di nuove. Una sinistra che si riempie la bocca di espressioni come "uguaglianza sostanziale" e "giustizia sociale", ma che in realtà mira a portare avanti l'agenda della globalizzazione che da almeno trent'anni sta distruggendo il nostro Paese.
E la destra? La destra, davanti a tutto questo, resta muta, colpevole di un'ignavia seconda soltanto alla sua paraculaggine.
L'Italia merita ben altro. È ora di dirlo chiaramente: al diavolo la propaganda globalista mascherata da umanitarismo, al diavolo la paraculaggine proposta come raffinato tatticismo. Noi italiani non meritiamo questo schifo di marketing elettorale permanente. Meritiamo rispetto.