La notizia della rimozione operata da YouTube ai danni del docu-film “REFERENDUM” di Michelangelo Severgnini, prodotto da “L’Antidiplomatico”, ci lascia profondamente amareggiati ma, purtroppo, per nulla sorpresi.
Questa operazione di censura va ad allungare la lista dei video e, più in generale, dei contenuti che YouTube e le altre piattaforme mettono al bando adducendo motivazioni risibili e dimostrando di comportarsi a tutti gli effetti come editori veri e propri, con tanto di linee editoriali e preferenze politiche.
REFERENDUM, 40 minuti, è rimasto online circa 9 ore prima che calasse la scure e il canale de l'Antidiplomatico venisse sospeso per una settimana. Il film racconta, con stile, i successi e le difficoltà della campagna di raccolta firme lanciata dai Comitati “Generazioni Future” e “Ripudia la guerra” contro l’invio di armi all’Ucraina, un lodevole tentativo di rompere il silenzio dei media.
Infatti, sebbene l’iniziativa referendaria costituisca un esempio di quell'impegno civico che, a parole, tutta la classe giornalistica loda, sulle grandi testate regna il più assoluto silenzio in materia. Soltanto il Fatto Quotidiano ha dato un reale spazio ai promotori della campagna e riportato la notizia della censura operata da YouTube contro il lavoro di Michelangelo Severgnini.
Fortunatamente il docu-film è ancora visibile tramite altre piattaforme, ma la cosa non può e non deve rasserenarci: una società in cui si è liberi di esprimere un pensiero non allineato solo e soltanto ai margini del discorso pubblico, disponibile solo a pochi intimi attraverso percorsi tortuosi esterni ai grandi canali di diffusione delle idee, non è una società libera. E anche quel surrogato di libertà lascerà presto il posto al silenzio se non facciamo una scelta: crediamo nel valore della libertà di pensiero ed espressione o no?
La risposta sembra semplice ma il solerte lavoro della propaganda ha svuotato quella risposta. Molti, troppi, sono passati dal convinto “sì” a un timido “sì ma”, il più delle volte seguito da un numero di eccezioni tale che si farebbe prima a elencare direttamente i temi su cui si è liberi di pensarla come si vuole (per inciso: pochi e di modesta importanza).
Questa progressiva virata verso il controllo pervasivo dell’informazione trova la sua più recente formalizzazione nel DSA (Digital Service Act). Naturalmente parliamo di una legge europea - poteva essere altrimenti? - il cui scopo dichiarato è “creare uno spazio digitale più sicuro in cui i diritti fondamentali degli utenti sono protetti”. Basta scorrere il provvedimento per capire che si tratta dell’ennesimo attacco alla libertà di espressione, come sempre nel nome della "tutela del cittadino".
Noi di Pro Italia esprimiamo la nostra piena solidarietà alla testata L’Antidiplomatico e a Michelangelo Severgnini, che già era stato colpito dalla censura per il suo film “L’Urlo”. Dobbiamo opporci con tutte le nostre forze all'ennesimo capitolo di questa deriva liberticida: è ora di dire basta.