Il 7 marzo scorso il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha tenuto l’annuale discorso sullo stato dell’unione. I nostri media hanno ampiamente trattato la notizia, peccato che tra resoconti parziali e veri e propri errori l’impressione è che in pochi l’abbiano veramente ascoltato. Il che è un peccato, perché in quest’occasione Biden non solo ha dato la sua linea elettorale, ma ha anche parlato di economia e di welfare, oltre ad averci fornito un esempio di “comunicazione politica all’americana” in totale contrapposizione a quella russa e cinese. Ma andiamo con ordine.
Il discorso è durato poco più di un’ora, lo trovate su YouTube. Anche la trascrizione è facilmente reperibile, ma, limitandosi a leggere il testo, si perde uno degli elementi caratterizzanti: lo spettacolo. Frasi brevi e pronunciate con enfasi intervallate da applausi e standing ovation, una regia impeccabile ed un pubblico che sembrava seguire un copione scritto. Se confrontiamo questo discorso, “uno dei discorsi più politici mai fatti” secondo Maisel, penna del New York Times, con un equivalente rilasciato da Putin o dal premier cinese Qiang, notiamo subito le differenze: russi e cinesi mancano totalmente di mediaticità, risultano rigidi e antiquati. Mentre in un caso il discorso ha le forme di una conferenza vecchio stile, lo show di Biden risulta tarato per un pubblico che rischia di perdere facilmente interesse, dotato di una soglia di attenzione minima. Biden, insomma, ha parlato all’americano medio, non solo all’ala liberal, e lo ha fatto dando anche una buona prova di sé, specie dal punto di vista fisico. Cosa che, visti i precedenti, non era affato scontata. Il presidente ha pure scherzato sulla sua età:
“I know I may not look like it, but I’ve been around a while. And when you get to my age certain things become clearer than ever before.”
“So che non sembra, ma sono in giro da un po'. E quando si arriva alla mia età certe cose diventano più chiare che mai.”
Battuta a cui, ovviamente, è seguita una standing ovation. A sua parziale discolpa è anche vero che Biden sta per intraprendere una campagna elettorale estremamente difficile contro un avversario temibile, il “presidente più votato della storia” (dopo di lui).
Il discorso è stato finemente modellato per risultare efficace, arricchito di tutta la retorica che il pubblico può sostenere senza mangiare la foglia. È proprio per questo che le singole parole, e quante volte ricorrono, assumono un valore tutt’altro che trascurabile. È significativo il fatto che la frase “History is watching” “La storia ci osserva” ricorra ben quattro volte. La parola “history” “storia” compare 17 volte nel testo, “freedom” “libertà” compare 14 volte, mentre “democracy” “democrazia” “soltanto” 11 volte. In un passaggio Biden afferma:
“And stop denying another core value of America our diversity across American life. Banning books. It’s wrong! Instead of erasing history, let’s make history!”
“E smettetela di negare un altro valore fondamentale dell'America, la diversità nella vita americana. Vietare i libri. È sbagliato! Invece di cancellare la storia, facciamo la storia!”.
Quale centro del proprio impero (formalmente mai dichiarato ma sostanzialmente tangibile), gli USA sono una paese necessariamente storico. Eppure la narrazione imperiale americana, negli ultimi decenni, ha preso una strada ben-diversa, del tutto post-storica se non addirittura anti-storica. Chiariamolo subito: molti elementi del pensiero woke sono ancora saldamente presenti nel discorso di Biden ma, ed è questo l’elemento interessante, risultano stemperati, diluiti e inseriti all’interno di un discorso più ampio e dal sapore più deciso. In sintesi Biden non vuole perdere i voti della frangia più liberal del partito, ma si è reso conto che è giunto il momento di raddrizzare la barra se non vuole perdere le elezioni (e non solo quelle). È chiaro a tutti gli esponenti delle élite di Washington, infatti, che lo scontro per la supremazia sul mondo è aperto e che, pertanto, l’ideologia woke non è funzionale al momento storico. Il wokeism deve essere attenuato e, con buone probabilità, progressivamente abbandonato in favore di una visione che supporti lo sforzo che gli USA dovranno fare per mantenere la leadership mondiale.
Biden, dopo aver detto che c’è bisogno di fare fare la storia afferma:
“I want to protect other fundamental rights! Pass the Equality Act, and my message to transgender Americans: I have your back! Pass the PRO Act for workers rights! And raise the federal minimum wage because every worker has the right to earn a decent living! We are also making history by confronting the climate crisis, not denying it. I’m taking the most significant action on climate ever in the history of the world.”
“Voglio proteggere altri diritti fondamentali! Approvate l'Equality Act e il mio messaggio ai transgender americani: vi copro le spalle! Approvate il PRO Act per i diritti dei lavoratori! E aumentate il salario minimo federale perché ogni lavoratore ha il diritto di guadagnarsi da vivere dignitosamente! Stiamo anche facendo la storia affrontando la crisi climatica, non negandola. Sto intraprendendo la più significativa azione sul clima nella storia del mondo.”
In tutta evidenza, chi sostiene che Biden abbia abbandonato le battaglie dem sta facendo cherry picking, per usare un termine ormai odiosamente noto. È importante tuttavia notare come i temi sociali del lavoro e del welfare vengano intrecciati, almeno a parole, ai classici temi civili che la sinistra liberal ritiene prioritari. In questo senso, Biden si mostra decisamente più a sinistra rispetto alla sinistra nostrana, e la cosa non può stupirci più di tanto visto il paradigma economico ordoliberale in cui siamo immersi in Italia e, più in generale, in Europa.
L’inquilino della Casa Bianca prosegue poi con un passaggio sulla sicurezza:
“Now, through my American Rescue Plan, which every Republican voted against, I’ve made the largest investment in public safety ever. Last year, the murder rate saw the sharpest decrease in history, and violent crime fell to one of the lowest levels in more than 50 years. But we have more to do. Help cities and towns invest in more community police officers, more mental health workers, and more community violence intervention. Give communities the tools to crack down on gun crime, retail crime, and carjacking.”
“Ora, grazie al mio Piano di salvataggio americano, contro il quale hanno votato tutti i repubblicani, ho fatto il più grande investimento di sempre nella sicurezza pubblica. L'anno scorso, il tasso di omicidi ha registrato il calo più netto della storia e i crimini violenti sono scesi a uno dei livelli più bassi degli ultimi 50 anni. Ma c'è ancora molto da fare. Aiutare le città e i paesi a investire in un maggior numero di agenti di polizia, in un maggior numero di operatori della salute mentale e in un maggior numero di interventi contro la violenza. Dare alle comunità gli strumenti per reprimere i reati con armi da fuoco, i reati al dettaglio e i furti d'auto.”
A questo segue un rapido e deciso attacco sul possesso delle armi e sul loro ruolo, dichiarazioni roboanti ma che sappiamo essere vuote. Per gli americani infatti il possesso delle armi è un diritto inalienabile e, aldilà della dimensione culturale, val la pena ricordare che il mantenimento di un certo grado di abitudine alla violenza nella popolazione è necessario per ogni impero dal punto di vista prettamente strategico.
Putin e l’Ucraina hanno occupato relativamente poco spazio nel discorso, ecco alcuni punti salienti:
“What makes our moment rare is that freedom and democracy are under attack, both at home and overseas, at the very same time...If anybody in this room thinks Putin will stop at Ukraine, I assure you, he will not. But Ukraine can stop Putin if we stand with Ukraine and provide the weapons it needs to defend itself. That is all Ukraine is asking. They are not asking for American soldiers. In fact, there are no American soldiers at war in Ukraine. And I am determined to keep it that way...Today, we’ve made NATO stronger than ever...My message to President Putin is simple. We will not walk away. We will not bow down. I will not bow down.”
“Ciò che rende raro il nostro momento è che la libertà e la democrazia sono sotto attacco, sia in patria che all'estero, nello stesso momento... Se qualcuno in questa sala pensa che Putin si fermerà all'Ucraina, vi assicuro che non lo farà. Ma l'Ucraina può fermare Putin se noi saremo al suo fianco e le forniremo le armi di cui ha bisogno per difendersi. Questo è tutto ciò che l'Ucraina chiede. Non chiede soldati americani. In realtà, non ci sono soldati americani in guerra in Ucraina. E sono determinato a mantenere questo stato di cose... Oggi abbiamo reso la NATO più forte che mai... Il mio messaggio al Presidente Putin è semplice. Non ci tireremo indietro. Non ci inchineremo. Io non mi piegherò.”
In sintesi Biden ha confermato quello che già sapevamo, cioè che la guerra prosegue ma i costi li pagano gli europei mentre gli americani ne traggono il massimo beneficio. Se c’era ancora qualche dubbio sulla consistenza in termini geopolitici dell’Unione europea, direi che oggi nemmeno il più ottuso è scusato. Il credo europeista non ammette limiti, ma la logica sì.
Ma veniamo a uno dei passaggi più significativi, quello sulla Palestina:
“This crisis began on October 7th with a massacre by the terrorist group Hamas…The deadliest day for the Jewish people since the Holocaust. 250 hostages taken…Israel has a right to go after Hamas. Israel has an added burden because Hamas hides and operates among the civilian population. But Israel also has a fundamental responsibility to protect innocent civilians in Gaza. This war has taken a greater toll on innocent civilians than all previous wars in Gaza combined. More than 30,000 Palestinians have been killed. Most of whom are not Hamas. Thousands and thousands are innocent women and children. Nearly 2 million more Palestinians under bombardment or displaced. Homes destroyed, neighborhoods in rubble, cities in ruin. Families without food, water, medicine. It’s heartbreaking...But Israel must also do its part.
Israel must allow more aid into Gaza and ensure that humanitarian workers aren’t caught in the cross fire...As we look to the future, the only real solution is a two-state solution...Creating stability in the Middle East also means containing the threat posed by Iran.”
“Questa crisi è iniziata il 7 ottobre con un massacro da parte del gruppo terroristico Hamas... Il giorno più letale per il popolo ebraico dopo l'Olocausto. 250 ostaggi presi... Israele ha il diritto di perseguire Hamas. Israele ha un onere aggiuntivo perché Hamas si nasconde e opera tra la popolazione civile. Ma Israele ha anche la responsabilità fondamentale di proteggere i civili innocenti di Gaza. Questa guerra ha avuto un tributo maggiore di civili innocenti rispetto a tutte le precedenti guerre a Gaza messe insieme. Più di 30.000 palestinesi sono stati uccisi. La maggior parte di loro non è di Hamas. Migliaia e migliaia sono donne e bambini innocenti. Altri 2 milioni di palestinesi sono sotto bombardamento o sfollati. Case distrutte, quartieri in macerie, città in rovina. Famiglie senza cibo, acqua, medicine. È straziante...Ma anche Israele deve fare la sua parte.
Israele deve permettere l'ingresso di più aiuti a Gaza e garantire che gli operatori umanitari non siano coinvolti nel fuoco incrociato... Guardando al futuro, l'unica vera soluzione è quella dei due Stati... Creare stabilità in Medio Oriente significa anche contenere la minaccia rappresentata dall'Iran.”
Biden da un lato conferma il sostegno a Israele e alla sua narrazione di aggredito ma, in accordo con la sensibilità di parte del proprio elettorato e spinto delle pressanti necessità strategiche, ammonisce Tel Aviv sulla conduzione della guerra. Accostando quanto sta avvenendo a Gaza alla narrazione della guerra in Ucraina, vediamo in tutto il suo splendore il clamoroso doppio standard occidentale. Tuttavia occorre riconoscere che il ragionamento geopolitico alla base è valido: stabilizzare la regione danneggia l’Iran e permette di riprendere quel percorso di normalizzazione dei rapporti fra Paesi arabi e Israele culminato con gli Accordi di Abramo. A tal fine l’azione genocidaria di Israele rappresenta un ostacolo che deve esser almeno attenuato.
Dulcis in fundo, veniamo all’economia. Che, in una battuta, possiamo riassumere con “facciamo i protezionisti con la Cina mentre ci mangiamo l’Europa”. Questa in estrema sintesi è la strategia USA che si articola su più livelli: da un lato abbiamo la separazione fra l’industria europea (cioè tedesca) e le risorse russe e l’aumento delle ostilità commerciali con la Cina, dall’altro una pioggia di soldi pubblici per favorire il trasferimento delle produzioni dal vecchio continente agli USA (specie quelle ad elevato valore aggiunto) e una rinnovata attenzione a tutto quello che, nel medio e lungo periodo, garantisce la produttività della forza lavoro, cioè sanità, istruzione e, più genericamente, welfare. Andiamo a leggere cosa ha detto Biden nel dettaglio.
“America’s comeback is building a future of American possibilities, building an economy from the middle out and the bottom up, not the top down, investing in all of America, in all Americans to make sure everyone has a fair shot and we leave no one behind!..I inherited an economy that was on the brink. Now our economy is the envy of the world!..And now instead of importing foreign products and exporting American jobs, we’re exporting American products and creating American jobs right here in America where they belong!..Creating tens of thousands of jobs many of them paying over $100,000 a year and don’t require a college degree. In fact my policies have attracted $650 Billion of private sector investments in clean energy and advanced manufacturing creating tens of thousands of jobs here in America!”
“La rimonta dell'America consiste nel costruire un futuro di possibilità americane, nel costruire un'economia dal centro e dal basso verso l'alto, non dall'alto verso il basso, nell'investire in tutta l'America, in tutti gli americani per assicurarsi che tutti abbiano una possibilità equa e che non lasciamo indietro nessuno!... Ho ereditato un'economia che era sull'orlo del baratro. Ora la nostra economia è l'invidia del mondo!... E ora invece di importare prodotti stranieri ed esportare posti di lavoro americani, stiamo esportando prodotti americani e creando posti di lavoro americani proprio qui in America, dove è il loro posto!... Creando decine di migliaia di posti di lavoro, molti dei quali pagano più di 100.000 dollari all'anno e non richiedono una laurea. Le mie politiche hanno infatti attirato 650 miliardi di dollari di investimenti del settore privato nell'energia pulita e nella manifattura avanzata, creando decine di migliaia di posti di lavoro qui in America!”
Dal punto di vista del lavoratore americano si tratta effettivamente di un discreto successo: è quasi come se Biden avesse realizzato il progetto trumpiano del “Make America great again”. L’attuale amministrazione americana ha infatti messo in atto una politica protezionistica in piena continuità con quella iniziata dai repubblicani ma, a differenza loro, ha potuto inondare l’economia con soldi pubblici per rilanciare l’attività economica dopo la stagione pandemica. E questo ha avuto effetti strepitosi: peccato che il conto lo stiamo pagando qui in Europa. La chiamano Bidenomics (crasi di Biden ed Economics), una strategia che rappresenta uno dei dei due bracci della tenaglia che ci sta stritolando. L’altro braccio, evidentemente, è quello costituito dalle politiche di Bruxelles. Che, drammaticamente, decidiamo di continuare a subire senza proferir parola.
Ma andiamo a vedere questa tenaglia più nel dettaglio, usando come chiave di lettura l’analisi delle politiche green messe in campo sulle due sponde dell’Atlantico. Per amor di brevità, soprassediamo in questa sede sull’opportunità e sulla fattibilità della cosiddetta “transizione ecologica”. Assumiamo che, per qualche ragione, “la si debba fare”. Ebbene, qual è l’approccio dell’UE? Definire degli obbiettivi esagerati, sostenerli con una narrazione emergenzialistica e stilare leggi e regolamenti interamente dedicati a sanzionare chi non si adeguerà ai nuovi standard. Nessuna politica industriale attiva, nessuna attenzione allo sviluppo delle filiere che dovrebbero realizzare i prodotti che si intende imporre, siano essi cappotti termici, pannelli isolanti o nuovi tipi di caldaie. Agendo soltanto sul lato della domanda o, meglio, tentando soltanto di orientare la domanda attraverso punizioni per chi non intende orientarsi, la stagnazione ormai endemica dell’economia del Vecchio Continente fa sì che al settore privato manchino le risorse per finanziare questa operazione di “transizione”. Un esempio concreto per capire di cosa stiamo parlando: qui in Italia abbiamo avuto un provvedimento, l’ormai arcinoto superbonus 110%, che per quanto presentasse delle criticità e muovesse da presupposti questionabili, provava per lo meno a stimolare la domanda interna tramite un intervento pubblico (e infatti il nostro PIL negli ultimi anni ne ha largamente beneficiato). Bene, è stata proprio Francoforte a mobilitarsi per metter fuori gioco questa norma, sebbene andasse incontro agli obiettivi green perennemente sbandierati dalle istituzioni europee.
Oltreoceano, invece, è successo tutto l’opposto. L’approccio americano (ma anche quello cinese, seppur in forma completamente diversa) dimostra platealmente che, qualora per scelta politica si decida di realizzare qualcosa, è necessario che lo stato metta in campo una politica industriale e intervenga sia per coordinare gli sforzi sia per sussidiare le filiere produttive ritenute strategiche. Il tutto, naturalmente, in concomitanza con politiche che spingano la domanda, cioè politiche che forniscano ai cittadini le risorse (sia immediate che future) per affrontare le spese necessarie. In assenza di tutto questo quello che resta è un futuro senza prospettive, che invita le aziende a migrare verso altri lidi. E non per caso gli americani stanno stendendo il tappeto rosso alle aziende europee che scelgono di trasferirsi nel Nuovo Mondo.
Fare impresa, e quindi generare profitti, in UE è sempre più difficile, così si verifica uno spostamento verso la rendita finanziaria. Peccato che gli USA costituiscano il porto di approdo per antonomasia nel campo della rendita finanziaria. Così il percorso si chiude: l’assenza di politiche di sviluppo in UE agevola il deflusso di capitali verso il mercato USA. Deflusso sostenuto anche da altre dinamiche (come ad esempio l’aumento dei tassi di interesse da parte della FED e la “rincorsa” operata dalla BCE) che però portano sempre allo stesso risultato: l’Europa arranca e gli USA crescono.
Biden ha poi parlato di scuola e di sanità, menzionando addirittura la necessità di far pagare le tasse alle multinazionali. A leggerlo sembra di sentire un comizio di qualche forza anti-sistema:
“The middle class built this country! And unions built the middle class! Tonight I want to talk about the future of possibilities that we can build together. A future where the days of trickle-down economics are over and the wealthy and biggest corporations no longer get all the breaks... Americans pay more for prescription drugs than anywhere else. It’s wrong and I’m ending it. With a law I proposed and signed and not one Republican voted for we finally beat Big Pharma!
I enacted tax credits that save $800 per person per year reducing health care premiums for millions of working families.
To remain the strongest economy in the world we need the best education system in the world.
Look, I’m a capitalist. If you want to make a million bucks great! Just pay your fair share in taxes…
For folks at home does anybody really think the tax code is fair? Do you really think the wealthy and big corporations need another $2 trillion in tax breaks? I sure don’t. I’m going to keep fighting like hell to make it fair!
In 2020, 55 of the biggest companies in America made $40 Billion in profits and paid zero in federal income taxes. Not any more!
It’s time to raise the corporate minimum tax to at least 21% so every big corporation finally begins to pay their fair share. I also want to end the tax breaks for Big Pharma, Big Oil, private jets, and massive executive pay!
No billionaire should pay a lower tax rate than a teacher, a sanitation worker, a nurse!”
"La classe media ha costruito questo Paese! E i sindacati hanno costruito la classe media! Stasera voglio parlare del futuro di possibilità che possiamo costruire insieme. Un futuro in cui i giorni dell'economia dello sgocciolamento sono finiti e i ricchi e le grandi aziende non avranno più tutte le agevolazioni... Gli americani pagano i farmaci da prescrizione più che altrove. È sbagliato e io ci sto mettendo fine. Con una legge che ho proposto e firmato e che non è stata votata da nessun repubblicano, abbiamo finalmente sconfitto Big Pharma!
Ho promulgato crediti d'imposta che fanno risparmiare 800 dollari a persona all'anno, riducendo i premi sanitari per milioni di famiglie di lavoratori.
Per rimanere l'economia più forte del mondo abbiamo bisogno del miglior sistema educativo del mondo.
Sentite, io sono un capitalista. Se volete fare un milione di dollari, benissimo! Basta che paghi la tua parte di tasse.
Per la gente di casa, qualcuno pensa davvero che il codice fiscale sia equo? Pensate davvero che i ricchi e le grandi aziende abbiano bisogno di altri 2.000 miliardi di dollari di agevolazioni fiscali? Io no di certo. Continuerò a lottare come un dannato per renderlo equo!
Nel 2020, 55 delle più grandi aziende americane hanno realizzato profitti per 40 miliardi di dollari e hanno pagato zero tasse federali sul reddito. Non più!
È ora di aumentare la tassa minima sulle società ad almeno il 21%, in modo che ogni grande azienda cominci finalmente a pagare la sua giusta quota. Voglio anche porre fine alle agevolazioni fiscali per Big Pharma, Big Oil, i jet privati e gli enormi stipendi dei dirigenti!
Nessun miliardario dovrebbe pagare un'aliquota fiscale inferiore a quella di un insegnante, di un operatore sanitario, di un'infermiera!".
Cosa sta dicendo Biden? Secondo me, al netto della propaganda, sta dicendo che il suo modello, che comunque prevede l’accentramento della ricchezza, può funzionare talmente bene che una parte di questa ricchezza fluirà anche verso gli strati meno agiati della popolazione, in particolare nella forma di quello che consente alla forza-lavoro di raggiungere la massima produttività. Esattamente il contrario di quello che sta avvenendo in Europa, specie in Italia, con la deflazione salariale che procede indisturbata da trent’anni. Perché Biden può farlo? Il motivo è strutturale, non è solo una questione ideologica. Può funzionare? Per ora si, peccato che il prezzo, come già accennato, lo paghiamo noi in Europa. Tutto quello che Biden ha affermato con entusiasmo di voler realizzare, che si tratti di scuola, di sanità o di industria manifatturiera, beh, noi lo stiamo perdendo e la nostra classe politica non sta facendo nulla se non assecondare questo processo.
Insomma, a conti fatti, il discorso sullo stato dell’Unione di Biden si è rivelato, sì, una bella prova di propaganda made in USA ma bisogna ammettere che dietro alla forma c’è della sostanza. Ed è utile rendersi conto che i segnali che arrivano non sono affatto buoni per noi, specie alla luce dell’incapacità delle classi dirigenti di tutta l’Europa occidentale di cogliere gli spazi che si stanno aprendo in questa congiuntura internazionale.