Iveco Tikka Masala

Exor, la holding degli Agnelli, ha venduto Iveco agli indiani di Tata Motors

Exor, la holding degli Agnelli, ha venduto Iveco agli indiani di Tata Motors

Giovedì 31 Luglio 2025

È ormai ufficiale: Iveco non è più italiana. Il settore veicoli commerciali dell'azienda di Torino è stato ceduto a Tata Motors. Non poteva esserci un modo peggiore per celebrare cinquant’anni di attività. Magrissima consolazione: Iveco Defense rimane in mani italiane e passa a Leonardo. Eppure, se prendete una dozzina di oggetti a caso vicino a voi, con grandissima probabilità almeno tre di questi sono stati su un camion Iveco. Si stima infatti che più dell’80% delle merci in Italia viaggi su gomma, e Iveco detiene una quota del mercato italiano dei mezzi pesanti superiore al 30%. 

Questo dato mostra l’importanza dei veicoli commerciali, il cui contributo è motore dello sviluppo economico e dello stile di vita contemporaneo. Un settore fondamentale, certo, ma a quanto pare non abbastanza remunerativo per Exor. La holding degli Agnelli continua imperterrita la svendita delle aziende automotive, perpetrando un progressivo disimpegno da questo comparto giudicato, evidentemente, non più sufficientemente redditizio.

Solo pochi anni fa, nel 2018, Magneti Marelli veniva ceduta alla giapponese Calsonic-Kansei, controllata dal fondo americano KKR, ”per creare valore per gli azionisti”, secondo le parole di Marchionne. Da lì un lento declino, con la riduzione della forza lavoro in Italia da circa 10.000 dipendenti al momento della vendita ai 6.000 attuali. La crisi ha portato anche alla chiusura dello stabilimento di Crevalcore (BO) nel 2024. Il futuro di Marelli è quanto mai incerto: non avendo ricevuto nessuna proposta di acquisto entro il termine ultimo scaduto il 26 luglio, l’azienda passa ora in mano ai creditori. Cosa succederà? Un sospetto, purtroppo, noi ce l’abbiamo. 

Del resto, le promesse di mantenere dipendenti e stabilimenti (le stesse fatte ora da Tata per Iveco), vengono spesso disattese nel medio periodo. Basti pensare alla vicenda Candy, lo storico Marchio brianzolo di lavatrici che nel 1946 lanciò sul mercato la prima lavabiancheria italiana. La cinese Haier, proprietaria di Candy dal 2018, ha deciso di chiudere definitivamente lo stabilimento di Brugherio, cessando la produzione lo scorso 30 giugno, dopo ben 80 anni di produzione. 

Purtroppo ormai da qualche decennio fra le nostre classi dirigenti si è consolidata l’idea che la manifattura sia superata e obsoleta, che un Paese moderno debba e possa puntare tutto sui servizi. Peccato che una grande quota di questi servizi abbia come committente proprio l’industria manifatturiera, oppure sia conseguenza diretta di qualche esternalizzazione di funzioni ritenute non essenziali dall’industria (leggi riduzione dei costi fissi).

Come scrisse giustamente Luciano Gallino ne “La scomparsa dell’Italia industriale”:
«[…] la convinzione, diffusa tra un buon numero di top manager, che l’industria, a ben vedere, è in fondo solamente un’appendice fastidiosa della finanza, perché obbliga a fare di più mentre fa guadagnare di meno.»

Troppo spesso, infatti, invece di utilizzare strumenti finanziari per cercare di far fiorire l’industria in un circolo virtuoso, si utilizza l’industria come mezzo per raggiungere gli obiettivi finanziari. Nel momento in cui i risultati non soddisfano o non arrivano nei tempi desiderati, si vende, si smembra, si delocalizza. Questo perché il fine ultimo è quello di saziare i mercati, gli stakeholders, e non sviluppare una tecnologia. Un risultato finanziario immediato è preferito a un percorso di crescita lento e laborioso, che riesca a coniugare prodotto e fattore umano e che possa creare maggiore valore nel lungo termine.

Di fronte a quest'andazzo, resosi ancora più insostenibile nel corso dell'ultimo decennio, diventa ancora più urgente ripristinare una presenza statale che intervenga strategicamente per compensare le mire di breve respiro dei grandi attori privati e che tenga un occhio sempre aperto sulle necessità industriali, economiche e sociali della nostra comunità. 

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