La pericolosa illusione dell'esercito europeo

L'esercito europeo è irrealizzabile: provare a realizzarlo rischia di costarci caro

L'esercito europeo è irrealizzabile: provare a realizzarlo rischia di costarci caro

Sabato 9 Novembre 2024

Nel dibattito politico europeo degli ultimi anni, una visione sempre più diffusa è quella di un'Europa che, per affrontare le sfide globali, dovrebbe abbandonare il concetto di sovranità nazionale in favore di un esercito comune e una politica estera unificata. Questa narrativa, alimentata da leader come Emmanuel Macron che invocano un’Europa più forte sul piano geopolitico, è pericolosa e, fondamentalmente, errata. La realtà è che la competizione geopolitica mondiale non viene affatto giocata da attori "continental", ma esclusivamente "nazionali", e ogni tentativo di appiattire la diversità degli Stati membri dell'Unione Europea in un'unica entità sovranazionale rischia di minare la nostra capacità di rispondere efficacemente alle sfide globali.

La farsa di un'Europa unificata: un progetto condannato al fallimento

L'idea che l'Europa, come blocco unico, possa competere con le grandi potenze mondiali come Stati Uniti, Cina e Russia è una menzogna che trova il suo fondamento in una visione utopistica della realtà geopolitica. Gli Stati membri dell'Unione Europea, pur condividendo alcuni principi di base, sono profondamente diversi in termini di interessi strategici, tradizioni culturali e politiche estere. La pretesa di un esercito europeo che agisca all'unisono richiede di far finta che questi contrasti non esistono, ignorando a bella posta che l'Unione è una struttura burocratica lenta e inefficace, incapace di prendere decisioni rapide e risolute in tempi di crisi. La storia ha già dimostrato che l'Europa, quando cerca goffamente di agire come un'entità politica unica, finisce per essere paralizzata dalla divisione interna, come nel caso della gestione della crisi in Ucraina o delle politiche migratorie.
La Francia, pur facente parte dell'Unione Europea, ha sempre portato avanti una politica estera autonoma, con scelte che spesso non coincidono con gli interessi dei suoi "partner" europei. La sua recente partecipazione a operazioni militari in Africa, ad esempio, non è stata affatto condivisa o supportata da altri Stati membri dell'UE. Questo dimostra come le forze armate e la politica estera dei singoli Paesi europei siano di gran lunga più influenti rispetto a qualsiasi tentativo di costruire una "forza europea" che risponda alle sfide globali. Anche altri Stati membri, come la Germania o l'Italia, hanno visioni e interessi diversi, che non si sposano neanche lontanamente con l'idea di una politica comune. Non è un caso che la Germania, che dalla fine della seconda guerra mondiale in poi ha evitato il coinvolgimento militare diretto in conflitti esterni, si sia trovata a disagio quando si è trattato di sostenere azioni militari dell'Unione in paesi come Libia o Siria.

La potenza nazionale contro la potenza sovranazionale

I veri attori geopolitici sono, insomma, le singole nazioni, non certo le unioni monetarie o le alleanze commerciali. Prendiamo come esempio la Turchia, che ha saputo giocare un ruolo determinante in Medio Oriente e nella crisi dei rifugiati, bilanciando le sue alleanze con gli Stati Uniti e la NATO da una parte e la Russia dall'altra. Se la Turchia fosse stata costretta a rispettare una "linea europea" unificata, certamente non sarebbe riuscita a perseguire una politica estera così assertiva e indipendente. La forza geopolitica della Turchia deriva dal fatto che è un Paese che, pur facendo parte di alleanze internazionali, agisce in base ai propri interessi strategici nazionali, non a quelli di una burocrazia europea.
Lo stesso vale per il Giappone, una nazione che, pur non essendo (al momento) una potenza militare come gli Stati Uniti o la Cina, ha saputo affermare la sua influenza in Asia orientale grazie a scelte politiche autonome e ad alleanze mirate. La sua politica estera è costruita attorno ai suoi interessi nazionali, non a quelli di una qualche entità continentale. In effetti, la forza del Giappone risiede nel fatto che, nonostante la sconfitta nel secondo conflitto mondiale, è riuscito a mantenere il controllo sulle proprie decisioni strategiche, senza cedere a compromessi con altre nazioni o blocchi.

La pericolosa illusione di una politica estera europea

L’Unione Europea è, per sua stessa natura, una costruzione economica del tutto inefficace quando si tratta di affrontare sfide politiche di portata globali. Le sue scelte in politica estera, teoricamente frutto di compromessi e negoziati tra Stati membri che hanno interessi contrastanti, finiscono regolarmente per risultare schiacciate sui desiderata di Washington. Se prendiamo come esempio la crisi ucraina, è evidente che l’Unione non sia stata capace di parlare con una sola voce. Mentre Paesi dell'Europa orientale come Polonia e baltici hanno spinto per sanzioni dure contro la Russia, altri, come Italia e Germania, sono stati decisamente più cauti, preoccupati per il rinculo economico delle sanzioni. Questa assoluta ma inevitabile discordanza d'intenti ha fatto sì che l'Europa sia risultata completamente irrilevante sul piano internazionale.L'Unione europea, in effetti, non ha mai sviluppato una vera capacità di proiettare potenza militare o influenza diplomatica autonomamente. Persino le missioni militari europee in un'Africa sempre più instabile e sempre più vicina al Vecchio Continente si sono rivelate bazzecole rispetto alla portata dell'azione (e degli interessi) della Francia e di altri paesi europei che operano al di fuori di una cornice unificata.

Perché il futuro è nazionale, non continentale

La competizione geopolitica del XXI secolo non è affatto continentale. La chiave della rilevanza internazionale è la capacità di ogni Stato di perseguire una politica estera indipendente, coerente con i propri interessi. L’idea di un esercito europeo è una chimera che, oltre a essere impraticabile, se realizzata forzatamente rischierebbe di indebolire la capacità di risposta dei singoli Paesi europei, che dovrebbero confrontarsi con una macchina burocratica lenta e farraginosa anche nell'ambito militare. La politica estera deve essere assertiva e rapida, e nessuna entità sovranazionale come l'Unione Europea ha mai dimostrato di avere questa capacità.
Le potenze globali come gli Stati Uniti, la Cina e la Russia non negoziano le loro politiche estere all'interno di un blocco di alleati che mettono in discussione ogni mossa. Queste nazioni agiscono autonomamente, definendo le proprie priorità al loro interno e decidendo senza dover passare attraverso le maglie di apparati burocratici che limitino la loro azione. L'Europa, al contrario, rimarrà un continente marginale se continuerà a negare la forza delle sue singole nazioni, inibendo le loro possibilità concrete di articolare delle politiche estere forti e indipendenti.

Ritorno alla Sovranità Nazionale

L'Unione Europea non è la soluzione alle sfide geopolitiche globali: è parte del problema. La competizione mondiale non si gioca tra fantomatiche unioni continentali, ma tra nazioni sovrane che prendono decisioni autonome. La soluzione per l'Europa non è una politica estera unificata o un esercito comune, ma piuttosto il rafforzamento dell'azione delle singole nazioni liberandole dai vincoli e dalle imposizioni dell'Unione. Un passaggio imprescindibile per riacquisire una posizione forte e determinante sulla scena mondiale.

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