Parafrasando Albert Einstein, si potrebbe dire che "solo due cose sono infinite: l'universo e la stupidità delle norme e dei provvedimenti decisi dall'Unione Europea. Riguardo all'universo, tuttavia, nutriamo ancora dei dubbi".
Effettivamente, lo stop alle cosiddette monocolture di grano duro e mais previsto dalla nuova PAC (politica agricola comune) di Bruxelles, in nome della tutela e sostenibilità ambientale, sembra spazzare ogni dubbio riguardo allo spaventoso olocausto neuronale avvenuto nelle menti dei burocrati Europei.
Tale provvedimento petaloso, fonda la sua presunta ragion d'essere sul fatto che, secondo le raffinate menti "made in EU", la coltivazione continua dello stesso alimento sullo stesso terreno rappresenterebbe una minaccia per la biodiversità, nonché una fonte di impoverimento del terreno stesso. Peccato che l'unico impoverimento che si andrà ad ottenere sarà quello a danno degli agricoltori e della filiera dell'agroalimentare tutta.
L'obbligo all'avvicendamento delle colture, con il conseguente stop alla produzione di mais e grano per tutto il 2024, sferrerà un pesantissimo colpo non soltanto alle imprese agricole, che si troveranno a dover garantire ai fornitori determinate quantità di raccolto a fronte di una produzione improvvisamente dimezzata, ma anche all'intera filiera: il grano duro è elemento indispensabile per la produzione della pasta, mentre il mais è imprescindibile per il settore della zootecnia e, di conseguenza, delle carni che - a loro volta - restituiscono al terreno una preziosa sostanza organica (la stessa che riempie le teste di chi decide norme simili).
Le zone italiane che subiranno i maggiori danni da tali politiche saranno la Pianura Padana (leader nella produzione di mais) ed il Tavoliere delle Puglie (leader nella produzione di grano), ma - come già detto poc'anzi - a risentirne sarà l'intera filiera e, dunque, l'intero Paese.
Una soluzione potrebbe essere semplicemente quella di non ottemperare ai diktat di Bruxelles. Questo, però, significherebbe rinunciare agli incentivi comunitari (in media, 150 euro a ettaro per il grano del Tavoliere delle Puglie e 200 a ettaro per il mais della Pianura Padana), al cui finanziamento contribuiscono da quasi trent'anni le tasche degli italiani.
Si prospettano, dunque, tempi "di vacche magre" (letteralmente) e, alla luce di quanto detto fin'ora, non possiamo non rimanere ancora una volta esterrefatti davanti al fanatismo gretino che sembra oramai essersi impossessato anima e corpo dei nostri governanti, i quali non perdono occasione per dimostrarci - è proprio il caso di dirlo - di quale pasta siano fatti.