Premessa: le tempistiche e le modalità con cui sta riemergendo la questione delle grooming gangs di pakistani nel Regno Unito "puzzano" parecchio.
Chiunque abbia seguito le vicende in terra di Albione negli ultimi 10-15 anni sa benissimo che, purtroppo, non si tratta di una novità e che i tentativi di insabbiamento e/o ridimensionamento del fenomeno sono arrivati tanto dai laburisti quanto dai conservatori. Ai primi si potrà probabilmente imputare un certo conflitto di interessi (le comunità pakistane sono un loro feudo elettorale) ma è abbastanza ridicolo pensare che i Tories - al potere per ben 32 anni nell'ultimo mezzo secolo - siano stati colti di sorpresa da questa notizia.
La reputazione di Starmer, che più o meno ha lo stesso carisma di Fratoianni dopo due grappini di troppo, ne uscirà quindi danneggiata ma è assai improbabile che si torni al voto. L'unico soggetto che avrà un qualche beneficio nel breve periodo sarà il Reform UK di Nigel Farage che, pur avendo raggiunto percentuali di tutto rispetto nel 2024, è ancora ritenuto un partito secondario e non può in alcun modo essere accusato di complicità con il «vecchio sistema». Nelle ultime settimane Musk ha parlato spesso di Reform UK seguendo il suo classico copione da autistico: prima ha promesso una donazione da 100 milioni di dollari, poi ha stabilito che Farage non è più adatto come leader.
Queste "incursioni", sia per gli argomenti trattati che per il ruolo di Musk nella prossima amministrazione USA, stanno ovviamente polarizzando il dibattito in mezzo mondo ma, se ci fate caso, hanno magicamente distolto l'attenzione dall'unica vera proposta politica partorita dal ricco sudafricano: quella dei visti H-1B per milioni di indiani che ha rischiato di spaccare i MAGA ancor prima dell'insediamento di Trump. Riesumando la storia dei pedofili pakistani (casualmente gli acerrimi nemici degli indiani 👀), Musk torna così dalla parte dei «buoni che difendono la verità» e tutte le altre stronzate che ripetono i suoi fan.
C'è tuttavia una certa ingenuità interpretativa in questa narrazione: la stragrande maggioranza dei «pedofili pakistani» non ha infatti mai messo piede in Pakistan. Non sono, in altre parole, dei clandestini arrivati chissà come e chissà quando ma - tenetevi forte - sono i figli e i nipoti della manodopera che i governi inglesi hanno attivamente fatto arrivare dalle ex colonie a partire dagli Anni '50 e che, con il tempo, si sono costruiti le proprie reti di rappresentanza politica, economica e sociale con cui proteggersi. Se da un lato i deliri sul «non sembrare razzisti» da parte delle autorità inglesi sono semplicemente incommentabili, dall'altro lato è evidente che la problematica ha attecchito molto più in profondità rispetto alla percezione comune e non basteranno né i rimpatri (dove?) né le masturbazioni mentali sul «se lavorano e pagano le tasse vanno bene» a risolverla.
Illudersi che sia solo una «questione religiosa» può funzionare al massimo come autosuggestione o passatempo: alle condizioni attuali, i fatti del Regno Unito ci dimostrano che scegliere tra modello multiculturale o modello assimilazionista - o magari inventarsi una qualche stramba sintesi - significa comunque condannarsi ad un epilogo disastroso. Cambia solo l'orizzonte temporale entro cui esso si manifesta.
In Italia, per fortuna, non siamo ancora con le spalle al muro ma non manca molto: chissà se qualcuno se ne sta accorgendo?