Strapazzami di rate

La pervasiva avanzata della fintech è un problema un tantino più urgente delle buffe uscite di ChatGPT

La pervasiva avanzata della fintech è un problema un tantino più urgente delle buffe uscite di ChatGPT

Martedì 14 Febbraio 2023

Intelligenza artificiale, blockchain, machine-learning, metaverso, bioingegneria, stampanti 3D, nanotecnologie, big data: alzi la mano chi, negli ultimi mesi, ha partecipato ad almeno una discussione o un dibattito su uno di questi argomenti.

Quasi tutti, eh? Prevedibile. Fatemi indovinare: ad un certo punto, totalmente a caso, un partecipante se n'è uscito con una frase del tipo «Ah, di questo passo…», «Ma dove andremo a finire?», «Ci controllano, ragazzo mio» o addirittura «Meglio andare a vivere in una grotta». Vero? Prevedibile anche questo.

Sapete come faccio ad esserne così sicuro? Perché è nella natura umana interrogarsi sulle implicazioni del progresso e provare una sorta di paura, spesso irrazionale, rispetto a potenziali futuri distopici. "L’uomo non vivrà al servizio delle macchine!" - a metà strada tra Neo di Matrix e nuove forme attualizzate di luddismo - è uno degli slogan più gettonati: bello e condivisibile quanto volete, ma si proietta su una dimensione temporale e politica distante anni luce da quanto stiamo vivendo adesso. Che obiettivo vogliamo darci, nel concreto? Semmai dovessimo raggiungere il potere (cosa non scontata), ci impegneremo a rendere illegali le nuove tecnologie che non incontreranno il nostro gusto? Buona fortuna.

Tutte queste riflessioni rischiano però di diventare estremamente autoreferenziali se, al contempo, non si tengono d'occhio le "piccole variazioni incrementali" di ciò che già esiste. Le potete riconoscere molto facilmente: sono tutte quelle innovazioni - spesso proposte sotto forma di servizi - che vi vengono raccontate come "comode", "veloci" e "gratis" e che si muovono all'interno di un quadro normativo confusionario ed ambiguo.

Non so voi, ma a me interessa fino ad un certo punto stabilire, già adesso, quanto l’intelligenza artificiale potrà essere considerata "senziente" entro il 2050: io, oggi, sono terrorizzato dal settore delle financial technologies (il "fintech", come lo chiamano i giornali) e, in particolare, dal mondo del BNPL. Nonostante le similitudini, BNPL non è l'acronimo di nuovo orientamento sessuale: significa Buy Now Pay Later ("compra subito paga dopo", per chi non mastica l'idioma della perfida Albione) ed è quel servizio, offerto da una pletora di società grandi e piccole, che vi permette di rateizzare qualsiasi acquisto online.

Dal punto di vista tecnologico non è chissà cosa: tu sei lì che ti compri su eBay la prima edizione rarissima de "La rivolta ideale" di Oriani a 30 euro e ti esce il messaggino "Clicca qui per pagare in tre comode rate senza costi aggiuntivi!". Cazzo, le rate pure su un libro usato? E che è? Se accetti, loro si collegano al circuito della tua carta di credito e ti scalano 10 euro subito, altri 10 euro dopo un mese e gli ultimi 10 euro dopo due mesi. Non ti chiedono estratti conto e non passano nemmeno dalle banche dati "tradizionali" sui cattivi pagatori. Se i pagamenti successivi vengono accettati, non ci sono sorprese e il costo del servizio è addebitato interamente al venditore (circa il 4-5% del transato): hurrà, hai appena contribuito all’iper-finanziarizzazione del consumo privato!

E se, per un qualsiasi motivo, sei costretto a saltare una rata? Magari sei un po’ a corto di soldi, magari hai qualche scadenza più importante (un prestito, un mutuo), magari hai avuto qualche spesa inaspettata. Per prima cosa puoi chiedere, fornendo una validissima e documentatissima motivazione, di posticipare il pagamento di qualche giorno. Se però ti bruci anche quella scadenza, arrivano quelle cose chiamate "penali" che possono raggiungere facilmente più del 25% dell’importo totale: formalmente, questi operatori, a parte un paio, non sono riconosciuti come istituti di credito e dunque non devono sottostare alle norme contro i tassi di usura. Ops.

Uno potrebbe dire: «Santi numi, ma come si fa ad andare in difficoltà per una rata da 10 euri?». Me lo chiedo anche io (anzi, io mi chiedo direttamente come si fa a rateizzare un micro-importo per un bene non necessario), eppure può succedere. Se poi ci immaginiamo una situazione in cui la persona usa un BNPL qui e un BNPL là, eventualmente per importi più elevati, il debito accumulato si gonfia molto in fretta. Tu pensavi che fosse un servizio "comodo", "veloce" e "gratis" e ti sei ritrovato risucchiato in uno di quei buchi neri che, quando c’è qualche problema, vengono a pignorarti anche la tazza del cesso. Per cosa, poi? Perché, anziché rimandare uno o più acquisti superflui, ti eri illuso di poter fare quello che volevi grazie alle "piccole" rate.

Al "sistema" questa storia del BNPL piace assai perché è una di quelle "piccole variazioni incrementali" che non fa scalpore - i finanziamenti a tasso zero per le puttanate inutili c’erano già prima - ma permette di incatenare ancor più subdolamente il consumatore. Le startup che lavorano in questo ambito hanno raccolto una quantità mostruosa di danari dagli investitori: alcune si sono già quotate in borsa, altre ci stanno pensando, altre ancora hanno assunto migliaia di professionisti specializzati per diventare leader di mercato e poi li hanno licenziati poco dopo. Apple si è creato un servizio BNPL in autonomia e, quando lo ha presentato, il valore delle sue azioni ha fatto un bel salto in avanti. Amazon ci sta lavorando (il servizio è già attivo in America, Asia e Africa). Non ho dubbi sul fatto che, ad un certo punto, l’opzione per rateizzare l’acquisto comparirà automaticamente sullo schermo del POS ogniqualvolta faremo un pagamento in negozio con la carta di credito. Come dovremmo muoverci, a quel punto? Lanciamo l'ennesima crociata a favore del contante che si scioglierà come neve al sole nel giro di poche settimane? Temo che non basterà a contrastare un settore che prima del 2020 non esisteva e che adesso corre spedito verso una valutazione globale di 4 mila miliardi di dollari.

Purtroppo non vi è traccia di una singola critica o riflessione sull'argomento in tutta la vivacissima produzione culturale "non allineata": non so se ciò è dovuto al fatto che il BNPL sia considerato poco interessante (grave) oppure se, semplicemente, nessuno sia riuscito ad intravederne la minaccia (gravissimo). A differenza di altre tecnologie acchiappa-like, ancora allo stato prototipale e di cui vedremo gli effetti solo tra qualche anno, la sfera del fintech è già estremamente matura e assume, giorno dopo giorno, le pericolose fattezze delle nuove bolle speculative ai tempi della globalizzazione: una metastasi tanto estesa quanto impercettibile agli occhi dei più - inclusi gli "esperti" - che verrà scoperta, per puro caso, quando ormai sarà troppo tardi. Si innescherà la solita reazione a catena che, prima, si sfogherà sugli insolventi (abbandonati al loro destino a causa del vuoto normativo che nessuno pare intenzionato a colmare) e poi si propagherà a tutto il sistema finanziario («Ah, ma quindi [banca a caso] garantiva per [erogatore BNPL finito in bancarotta] e adesso ha un buco di [troppi] miliardi di euro?») con le conseguenze che già conosciamo. Difficilmente raggiungerà le dimensioni spropositate della crisi 2008, ma sarà comunque una bella botta in testa per un’economia - nazionale, europea, mondiale - che avrà ancora bisogno di molti anni per capire come gestire gli strascichi della pandemia.

Non esiste una ricetta infallibile per prevenire o limitare questo scenario. Si potrebbe provare a fare pressione esterna a chi è nella stanza dei bottoni affinché determini regole, limiti e tutele (e me ne fotto di chi si lamenta dell'eccessiva burocratizzazione) oppure sensibilizzare il maggior numero di persone sui pericoli di questa materia. Non facciamoci troppe illusioni, però: anche comportandosi rettamente, rifiutando il velenoso nettare della microfinanza, è molto probabile che ne finiremo comunque intossicati in modo indiretto. D’altronde, nessuno di noi (mi auguro) aveva un mutuo negli Stati Uniti quindici anni fa eppure, per le conseguenze patite, è come se ne avessimo avuti due a testa.

Non è questione di stabilire "se" accadrà, ma solo di capire "quando": anche questa volta, ahinoi, l’unica cosa che potremo fare è provare a ricostruire dalle macerie (mordendoci la lingua di fronte ai vari «Ma uffa! Noi come facevamo a saperlo?! Nessuno ci aveva avvisato!» delle masse furiose che saranno costrette a pagare il conto per tutti). L’unica differenza sostanziale potrebbe essere quella di affrontare il "crollo" con una maggiore consapevolezza politica su cosa fare dopo, anziché lasciarsi guidare dagli istinti primordiali.

Il countdown è già iniziato.

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