Tracciare una rotta da Pasolini a Pound: eresia o necessità?

Nei giorni in cui cadono gli anniversari della loro scomparsa, le battaglie dei due intellettuali apparentemente inconciliabili diventano più che mai attuali e, forse, complementari

Nei giorni in cui cadono gli anniversari della loro scomparsa, le battaglie dei due intellettuali apparentemente inconciliabili diventano più che mai attuali e, forse, complementari

Mercoledì 2 Novembre 2022

In un’epoca che alimenta le divisioni e le distorsioni interpretative, associare la figura di Pier Paolo Pasolini a quella di Ezra Pound - i cui anniversari della scomparsa ricorrono in questi giorni - potrebbe essere considerata un’irrispettosissima eresia: il primo è l'intellettuale scomodo che, rinnegato in vita dalla sua stessa comunità politica, è ora saldamente nel pantheon culturale di chiunque si definisca progressista; il secondo è il poeta che ancora ai giorni nostri viene visto con diffidenza per la sua adesione alla “parte sbagliata” durante il secondo conflitto mondiale, nonostante la recente - per quanto tardiva - “riabilitazione” ad opera di critici super partes che lo pone tra gli autori simbolo del XX secolo.

Questa eresia, in realtà, non ha bisogno di chissà quali sforzi immaginativi: è sul finire del 1968 che proprio Pasolini si reca a Venezia per intervistare Pound, rientrato in Italia da qualche anno dopo essere stato internato in un ospedale psichiatrico negli Stati Uniti. L’incontro, la cui registrazione è stata da poco recuperata dagli archivi RAI, si apre con una dichiarazione di Pasolini che nel 2022 farebbe gridare allo scandalo: ispirandosi ad una poesia dello stesso Pound, egli offre simbolicamente la sua amicizia all’americano riconoscendolo come fonte d'ispirazione senza tuttavia rinnegare la distanza - intellettuale, filosofica, politica - che intercorre tra i due. Pound risponde prontamente: “Bene, amici allora”. Ebbene sì: in quell'Italia ancora così cronologicamente vicina alla guerra e così ingenuamente travolta dalle pulsioni del fenomeno del Sessantotto (che Pasolini analizzò in maniera quasi profetica, venendo perciò ghettizzato dalla nomenclatura del tempo), c’era abbastanza spazio per permettere ad un intellettuale apertamente fascista e uno apertamente comunista di confrontarsi - e ritrovarsi - su una dimensione assoluta, come quella della poesia, senza scatenare i mal di pancia di milioni di benpensanti. 

“Pasolini e quella pericolosa deriva rossobruna”, “FACT CHECKING: no, Pasolini non ha sdoganato Ezra Pound”, “L’incredibile proposta dell’intellettuale bolognese: ecco cosa ha detto”: questi sarebbero i titoli degli editoriali petalosi dei vari Open e Repubblica se tale incontro fosse avvenuto oggi. La verità è che, tanto Pasolini quanto Pound, sono stati precursori incompresi dello scontro tra popolo e élite ma la potenza del loro messaggio è stata filtrata, in maniera più o meno consapevole e, dunque, dolosa, da coloro che in questi decenni si sono fintamente schierati dalla parte del primo - il popolo - per poi ricollocarsi fra le fila delle élite alla prima occasione utile. 

Pasolini denunciava la dittatura mascherata dell'omologazione e del consumismo; Pound, anni prima, si scagliava contro il demone dell’usura e proponeva una nuova funzione del denaro basata sulle teorie dell’economista anarchico Gesell: la contiguità, anzi, la complementarità delle loro riflessioni non può che fungere da bussola in questa fase di transizione economica e politica dove l'individuo tende a sentirsi accettato dalla società e a sviluppare una propria identità solo in base a ciò che possiede. Si tratta tuttavia del possesso di beni effimeri - lo smartphone di ultima generazione, l'auto che rispetta i dettami “green”, le scarpe disegnate dall'influencer politicamente corretto - che spesso e volentieri procede di pari passo con la sottoscrizione dell'ennesimo prestito da restituire in “comode rate mensili”: talmente tanto “comode” che basta ritardare di qualche giorno un pagamento che subito si subisce una penalizzazione dell’affidabilità creditizia (e buona fortuna a chiedere un prestito quando quei soldi vi serviranno per qualcosa di utile…) se non direttamente il pignoramento del bene!


Qualcuno oggi agita lo spettro delle fantomatiche derive autoritarie per dire che il nemico è alle porte, ma in realtà il nemico è già in casa da tempo e ogni giorno trama affinché non possa saldarsi la necessaria coesione popolare che guiderà la riconquista: chi intende porsi in antitesi alla narrazione dominante del “migliore dei mondi possibili” ha non solo la possibilità, ma anche e soprattutto il dovere, di rifiutare questo schematismo da fast food che vorrebbe collocare Pasolini e Pound su piani morali e filosofici inconciliabili tra loro. Esattamente come in quell’intervista di più di mezzo secolo fa, resta valida la risposta che Pound diede a Pasolini quando questi gli chiese cosa consigliava ai giovani: “Avere curiosità”.

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