Una pugnalata. L'ennesima, inferta senza remore, alle spalle della nostra nazione. Stiamo parlando del Trattato del Quirinale, siglato oggi davanti a Sergio Mattarella tra il premier italiano Mario Draghi e quello francese Emmanuel Macron.
Per capire la pericolosità di questo patto, basti pensare che esso è il punto di arrivo di una trattativa iniziata nel 2018 con Gentiloni a Palazzo Chigi. Già, proprio quel Gentiloni che era pronto a svendere porzioni del mar Ligure e Sardo a Parigi con il trattato di Caen, fortunatamente arenatosi in Parlamento.
L'attuale trattato di "cooperazione bilaterale rafforzata" assomiglia nella forma a quello di Aquisgrana firmato da Francia e Germania nel 2019, ma è profondamente diverso nel contenuto politico. Mentre l’asse franco-tedesco si regge su un rapporto sostanzialmente paritario fra Parigi e Berlino, il Trattato del Quirinale mostra lampanti asimmetrie. Con, manco a dirlo, l’Italia nella parte dello scendiletto.
Il testo dell'accordo da stamani è consultabile ed è composto da 12 articoli, di cui i i primi 10 riguardano, nell’ordine: Esteri, Difesa, Affari europei, Politiche migratorie e Giustizia, Cooperazione economica e industriale, Sviluppo sociale e Sostenibilità, Spazio, Formazione e Innovazione, Politiche giovanili e Cultura, Cooperazione transfrontaliera.
Riassumendo, ciò che Roma e Parigi si impegnano a portare avanti nello "sviluppo reciproco" è una cooperazione strettamente congiunta. Cosa che, detta così, non dovrebbe destare particolari preoccupazioni. Se non fosse che questa cooperazione viene delineata nel testo con passaggi a dir poco inquietanti.
Si parla infatti di cooperazione tra le due forze armate nella "Iniziativa Europea di Intervento", e addirittura di "scambio di membri dell’esercito” e “delle forze dell’ordine" fra uno Stato che persegue attivamente una politica di potenza e uno che vi ha rinunciato da decenni. Si istituisce un "forum di consultazione fra i Ministeri competenti per l’economia, le finanze e lo sviluppo economico" fra un Paese che persegue i propri obiettivi con ampio dispiego dei servizi di intelligence economica e uno che ha abbandonato qualsiasi strategia industriale.
Ora, la domanda da porsi è la solita: cui prodest? A chi conviene questo Trattato? Conviene alla Francia, che nel 2011 ci ha estromessi dalla Libia con una guerra e che ha fatto man bassa delle nostre imprese negli ultimi anni con operazioni da decine di migliaia di euro? O conviene all'Italia, governata da una classe dirigente in cui brillano svariate Legion d'Onore – tra cui, guardacaso, quella di Paolo Gentiloni – come riconoscimento di Parigi a chi si è distinto per i servigi resi alla République?
Questo patto è il tentativo di Macron di contrastare il predominio tedesco andando a costituire la propria colonia italica con tanto di supporto, leggasi: servilismo, economico, strategico e militare. E chi meglio di Mario Draghi poteva aprire le porte a questa ennesima svendita allo straniero? D'altronde, è pur sempre il Black Friday. Un venerdì nero, l'ennesimo, per la nostra patria.