In questa serata i concorrenti al Festival si sono sfidati a suon di cover accompagnati ognuno da un altro artista non in gara che li ha supportati. Non solo si sono esibiti tutti e 28 gli artisti ma al vincitore è stato richiesto il bis rendendo i tempi della serata estremamente stretti. Certo, non è mancata l’abbondante pubblicità e un paio di ospitate interessate per promuovere le produzioni tv a marchio Rai, ma in quel poco tempo avanzato ci sono stati due interventi, il primo dei quali mi ha decisamente sorpreso.
Nel Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe il conduttore Amadeus ha letto, seduto nella platea insieme al pubblico, un passaggio dal libro “La bambina con la valigia” di Gigliola Alvisi che narra della terribile pulizia etnica e dell’inevitabile esodo giuliano-dalmata nell’immediato dopoguerra. Non mi sarei mai aspettato un intervento del genere a Sanremo perché, non nascondiamoci dietro un dito, una certa frangia politica lo ha negato e ridicolizzato mentre la controparte opposta lo ha strumentalizzato e utilizzato come scudo. Invece è una ferita che dovrebbe riguardare tutti come tutti dovremmo vergognarci del trattamento riservato ai nostri connazionali, con gravissima complicità della stampa di allora, che vennero considerati fascisti in fuga e non venne data loro accoglienza e supporto. Non basta un solo intervento a riabilitare il ciarpame che ha contraddistinto il resto della kermesse ma dobbiamo comunque, per onestà intellettuale, rendere merito ai momenti edificanti per quanto sparuti.
Stavano riuscendo a chiudere 5 ore di trasmissione accettabile, senza grandi intoppi, quando poco prima della fine è arrivata subito la correzione di rotta. La co-conduttrice della serata, l’attrice toscana Chiara Francini, non ha potuto risparmiarci un monologo sulla maternità. No, non ha ovviamente parlato di condizioni di precarietà che impediscono di pianificare una famiglia. Non ha parlato delle condizioni economiche che rendono, per troppi, il figlio un lusso inarrivabile. E nemmeno ha parlato dei tagli continui a tutte le scuole dell’infanzia, diventate ormai appannaggio solo di chi può permettersele private data l’impossibile graduatoria per un risicato numero di posti nelle strutture pubbliche. Il tema è stato ovviamente affrontato in maniera superficiale, emotiva, sintomatica. Il racconto che ne è derivato è di una maternità posticipata per motivi ameni, per non smettere di dedicarsi a sé stessi, per non smettere di divertirsi, per non voler affrontare le sfide, per non sentirsi vecchi. Rende lividi vedersi descritti come bambinoni egoisti per una scelta che altri ci hanno imposto, è una condanna ingiusta che grida vendetta.
Ma è giunto il momento di recuperare un po’ di sonno arretrato.