Un referendum per dire NO alla nuova ZTL a Catania

Una risposta a tutti i critici dell'iniziativa referendaria contro l'ennesima pedonalizzazione del centro storico

Una risposta a tutti i critici dell'iniziativa referendaria contro l'ennesima pedonalizzazione del centro storico

Mercoledì 21 Agosto 2024

La recente decisione da parte della Commissione straordinaria del Comune di Catania di dare il via libera al nostro referendum per abrogare la pedonalizzazione di piazza Federico di Svevia ha scatenato le ire funeste di chi, abituato a dare patenti di civiltà da chissà quale alto pulpito, si è completamente dimenticato le regole del confronto democratico, oltre che della buona educazione.
In questi giorni abbiamo letto commenti carichi di livore, volgarità e odio nei nostri confronti, "colpevoli" di aver fatto ricorso a uno strumento della democrazia partecipata, quale è il referendum, regolarmente previsto dallo Statuto comunale. Alcuni commenti, però, meritano una risposta. In questo articolo cerchiamo di darne qualcuna alle obiezioni che più volte vediamo ripetersi.

“LE STRADE VANNO CHIUSE AL TRAFFICO PER ELIMINARE IL FENOMENO DELLA MICROCRIMINALITÀ”

La soluzione di chiudere uno spazio urbano al traffico veicolare per eliminare la criminalità somiglia tanto all'antico rimedio utilizzato per curare la sifilide: l’evirazione. Ovviamente la criminalità va combattuta non limitando la libertà di circolazione ai cittadini onesti, ma con l’impiego massiccio delle forze dell’ordine coadiuvato da politiche lavorative, sociali e di riqualificazione del territorio. Inoltre, l’equazione "meno macchine uguale meno criminalità" è smentita dai fatti: come ha ben documentato Giuseppe Ferrara, è proprio dopo la pedonalizzazione di piazza Federico di Svevia che si sono verificati diversi episodi di furti e molestie ai danni dei dipendenti di alcuni locali, costretti a parcheggiare lontano dal posto di lavoro. Un altro esempio? A Roma, diversi anni fa, nel quartiere San Lorenzo venne pedonalizzata Piazza dell’Immacolata. Risultato? Malamovida e spaccio arrivarono a livelli tali da richiedere la riapertura al traffico da parte dei comitati di quartiere, con tanto di parere favorevole della prefettura.

“LE ZTL MIGLIORANO LA QUALITÀ’ DELL’ARIA”

Per rispondere a questa obiezione basta prendere ad esempio due città del Nord Italia: Milano e Treviso.

A dispetto dell'area B, dell'area C e di tutti i provvedimenti di "mobilità sostenibile" presi dal sindaco Sala con l’obiettivo di ridurre del 20% i livelli del particolato atmosferico, negli ultimi anni l'inquinamento a Milano è sempre aumentato. In quanto a polveri sottili, Milano è di poco dietro a città come Lahore e Dacca.

Come ha ben denunciato Giacomo Del Pio Luogo, segretario della sezione trevigiana di Pro Italia, Treviso è, secondo il report annuale di Legambiente, la terza città più inquinata d’Italia ma al contempo è anche la città che ha ricevuto l’European Green Leaf Award che la premia come città più green d’Europa sulla base delle misure implementate in materia di politiche ambientali. Grazie a blocchi della circolazione e alle pedonalizzazioni, Treviso è una delle città più “green” d’Europa ma, fatalità, rimane anche una delle più inquinate.

“A CATANIA CI SONO TROPPE MACCHINE: BISOGNA CAMBIARE MENTALITÀ’”

Il tasso di motorizzazione "troppo" elevato (77 auto ogni 100 abitanti), ripetuto ossessivamente da sedicenti esperti di mobilità quasi fosse una colpa da espiare, costituisce un falso argomento che non ha alcun fondamento scientifico. L’auto privata costituisce un mezzo e un simbolo di benessere economico e di libertà: consente al cittadino di spostarsi senza dover ricorrere, forzatamente, ai mezzi pubblici. Per quanto riguarda l’inquinamento prodotto, considerando il totale delle tonnellate di anidride carbonica prodotte in Europa, le auto incidono per lo 0,34%; anche potendo eliminare, da un giorno all’altro, tutte le auto con motore termico, ciò inciderebbe sul totale delle emissioni mondiali per meno dell’1%. Stiamo parlando di cifre risibili.

“NON SI PUÒ OSTACOLARE IL PROGRESSO! L’INTERESSE COLLETTIVO DEVE SEMPRE PREVALERE SUL PARTICOLARE”

Questa infelice obiezione denota una totale ignoranza di quelle che sono le basi di uno Stato di diritto. Il diritto al lavoro dell’esercente o del lavoratore dipendente è un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione. Diritto che è minacciato dall'ingente calo dei ricavi dovuto proprio alla pedonalizzazione. Dall’altra parte, invece, non abbiamo alcun diritto fondamentale, ma solo l’esigenza, totalmente ideologica, di avere un’area pedonale. Inoltre, il diritto del singolo non è mai in contrasto con quello della collettività, giacché la collettività è un insieme di individui e non si può pensare di calpestare il diritto del singolo a vantaggio dei più: in caso contrario non saremmo più in democrazia ma in una dittatura della maggioranza.

“BISOGNA EVOLVERSI! NEL RESTO DELLE CITTÀ’ EUROPEE HANNO, DA ANNI, LE ZONE PEDONALI”

Per rispondere a questa obiezione prendiamo ad esempio una delle città che più spesso viene citata dagli autorazzisti nostrani come simbolo di civiltà: Copenaghen.

La capitale danese, negli anni ’70 (grazie soprattutto agli ingenti profitti provenienti dalla vendita degli idrocarburi), adottò rivoluzionarie politiche pubbliche in materia di mobilità sostenibile e welfare sociale. Il risultato è che, oggi, a Copenaghen avere una macchina può essere considerato un lusso per i pochi che vivono in centro. Non esiste un ceto medio ma solo un ceto povero che, giornalmente, utilizza degli efficienti mezzi pubblici per raggiungere il centro dalle periferie. Soltanto i più benestanti possono permettersi di vivere fuori dai centri urbani e, di conseguenza, di possedere un'auto di proprietà.

Questo modello paurosamente classista, in cui una minoranza di ricchi e super-ricchi può permettersi la libertà di avere una macchina mentre la stragrande maggioranza della popolazione deve dipendere dai mezzi pubblici, è un modello che non ha alcuna compatibilità con il nostro tessuto economico, sociale e territoriale. Infatti, un punto di forza dell’Italia è avere ottomila piccoli Comuni e non soltanto grandi città con intorno le periferie. L’idea di bandire completamente le macchine arrecherebbe innumerevoli disagi a tutti quei cittadini che dai Comuni devono raggiungere la città per motivi lavorativi.

Davvero voi vorreste vivere in una società del genere? Noi francamente no.

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