All'articolo n. 2 della nostra Carta Costituzionale si legge che "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'Uomo".
L'utilizzo del termine "riconosce" non è casuale, ma è precisamente posto ad indicare che tali diritti - proprio per la loro intrenseca natura assoluta, indisponibile, inviolabile, imprescrittibile ed irrinunciabile - non vengono conferiti dall'ordinamento giuridico ai cittadini, bensì sono semplicemente riconosciuti in quanto preesistenti ad ogni istituzione politica.
In parole povere, un diritto NON è una gentile concessione revocabile a comando da parte dello Stato.
Ebbene, di tutto questo sembra essersene dimenticato il Comune di Venezia, il quale ha deciso per l'approvazione - a partire dalla primavera 2024 - di un ticket d’accesso alla città lagunare, previa prenotazione on-line e pagamento di un contributo di 5€. Una palese trasformazione di un diritto (quale quello della libertà di circolazione e movimento) in una concessione vincolata a specifiche condizioni di matrice politica (suona familiare, eh?).
A Venezia, dunque, si entrerà da varchi controllati nei maggiori punti di accesso alla città storica (Piazzale Roma, il Piazzale della Stazione di Santa Lucia, il terminal acqueo di Punta Sabbioni), dove il personale incaricato dal Comune effettuerà controlli a campione per verificare il versamento del contributo d’accesso.
Esonerati dal pagamento saranno i residenti (i quali dovranno, però, esibire la carta d'identità qualora richiesta), i pendolari (ovvero chi studia o lavora nell'isola), i turisti soggiornanti in città (che già pagano l’imposta di soggiorno), chi giunge per visite mediche, udienze in tribunale o anche per partecipare ad eventi sportivi.
Esenti dal pagamento, sì.. ma non dalla prenotazione, che dovrà comunque essere effettuata: «Confermiamo l’esenzione dal pagamento del ticket di tutti i veneti», ha detto l'assessore al bilancio Michele Zuin , «ma anche loro dovranno prenotare la visita, e in assenza di QR code di esenzione, saranno multati come i turisti inadempienti». Per i trasgressori sono, infatti, previste multe da 50 a 300 euro.
Il fine dichiarato del provvedimento, che vedrà come obiettivo temporale, in questa fase di sperimentazione, i "ponti" primaverili, i fine settimana estivi ed i giorni di afflusso più caldi dell’anno (sostanzialmente il mese di agosto), sarebbe quello di limitare e gestire i flussi turistici: combinando i dati relativi al numero di residenti con quelli dell'affluenza giornaliera, si potrà poi fissare la soglia della cosiddetta "capacità di carico della città" e dare il via definitivo al contingentamento degli accessi (sempre, ovviamente, previo prenotazione e pagamento).
Ora, crediamo non sia difficile comprendere le ragioni per cui un provvedimento simile stia incontrando forti malumori, soprattutto da parte della cittadinanza.
In effetti, vedere Venezia (patrimonio di bellezza, cultura e storia uniche al mondo) trasformata in una Disneyland qualunque, di certo non è un qualcosa di particolarmente edificante.
Per inciso, nessuno vuole negare che un effettivo problema di sovraffollamento turistico vi sia, così come nessuno vuole negare che le condizioni di vita nella città divengano via via sempre più disagevoli, tanto da provocare un vero e proprio esodo degli abitanti dall'isola, scesi dai circa 130.000 dei primi anni '60 ai poco più di 50.000 attuali.
Quello che, tuttavia, è sicuro è che un provvedimento come quello descritto poc'anzi non solo non risolverà il problema, ma possibilmente andrà addirittura a peggiorarlo, contribuendo ancor di più ad una "musealizzazione" di Venezia, accrescendone l'immagine di "parco turistico a pagamento".
Pensare che basti subordinare l'accesso in città alla prenotazione e al pagamento di un contributo, è una grossolana banalizzazione che non tiene conto della complessità delle problematiche che affliggono il capoluogo Veneto: precarietà strutturali ed infrastrutturali come l'aggressivo dragaggio dei fondali attuato per consentire il passaggio delle grandi navi, immobili ed affitti sempre più cari che spingono i residenti ad andarsene, lasciando campo libero alla speculazione (oggi si trovano sempre più B&B e sempre meno di quegli artigiani che caratterizzavano la Serenissima), smantellamento dei servizi pubblici e dei negozi di beni di prima necessità (basti pensare alle Poste Centrali di Venezia, storicamente ospitate nell’antico Fontego dei Tedeschi, svenduto dal Comune all’azienda Benetton perché lo trasformasse in un lussuoso centro commerciale a pochi metri dal ponte di Rialto).
A fronte di tale complessità, pertanto, risulta chiaro che la soluzione non possa essere banalmente quella di un turismo "elitario", né possa essere quella della mercificazione ultima di un patrimonio culturale ed artistico di inestimabile valore. Men che meno, se tutto questo passa attraverso un provvedimento che mina profondamente la sfera dei diritti individuali, trasformando quest'ultimi - come abbiamo detto - in concessioni il cui prezzo è una sempre maggiore cessione di privacy e l'adesione al nuovo paradigma liberticida del controllo totale sul cittadino.
Come possiamo tristemente notare, l'aria si sta facendo sempre più pesante ed irrespirabile e, in questo contesto, i Veneziani sono i primi a provarlo sulla loro pelle.
Quella verso la quale stiamo andando a lunghi passi è una società in cui sembra affermarsi sempre più l'ideale del controllo totale e totalitario, un modello - peraltro - in forte contrasto con le nostre radici culturali (di matrice liberale) e che storicamente si è sempre rilevato come elemento strutturale nell'impianto degli Stati autoritari.
Un controllo minuzioso ed incondizionato nei confronti del quale risulta, dunque, necessario opporsi. La buona notizia è che il miglior modo per farlo è, allo stesso tempo, anche il più semplice: non aderire al provvedimento, non rispettare la norma.
Tuttavia, la cosa che colpisce sempre - ed è la dimostrazione forse più plastica dell'ideologia oggi dominante - è il fatto che, al netto delle lamentele espresse "in camera caritatis", soltanto ad una porzione estremamente esigua della popolazione riesca di fare seguire alle parole un comportamento che non sia la prona accettazione degli ordini impartiti dall'alto.
Questo deriva dal fatto che culturalmente oramai siamo incapaci di immaginarci all'infuori del paradigma che ci è stato costruito intorno. Non solo: oggigiorno sembra sia addirittura più facile immaginare il collasso totale - financo l'estinzione della razza umana - rispetto al fatto che vi possa essere una alternativa allo status quo. È il TINA (There Is No Alternative) in purezza. È più realistica la fine di tutto rispetto ad un possibile cambiamento.
L'alternativa, invece, a dispetto di quanto ci è stato insegnato dalla dottrina dominante, esiste ed è nelle nostre mani.
Sta a noi darle forma, prima che sia troppo tardi.