Silvio Berlusconi non va santificato né demonizzato. Silvio Berlusconi va studiato. O meglio, va studiata tutta la stagione politica che l'uomo di Arcore ha vissuto e spesso incarnato.
Una stagione iniziata con il maledetto 1992: le stragi mafiose, il trattato di Maastricht, mani pulite, il Britannia, l'attacco alla Lira. E poi ancora le grandi privatizzazioni, l'entrata nell'Euro, il massacro del mondo del lavoro, la guerra in Libia, il golpe finanziario, fino alle tribolazioni internazionali odierne. Berlusconi ha attraversato tutto questo, talvolta da protagonista, altre volte da oppositore all'acqua di rose, altre ancora da finto spettatore.
Berlusconismo e antiberlusconismo hanno spaccato in due lo stivale in un momento cruciale della Storia recente, quello che ha aperto le porte agli squali dell'alta finanza, ai burocrati europei e ai sicari del Moloch neoliberista. La spazzatura delle tv di Silvio ha lavorato a braccetto con chi puntava la lente sulle "cenette di Arcore" invece che sulle polverose stanze di Bruxelles. Una continua distrazione su tematiche più o meno serie, mai cruciali.
Questa spaccatura è ancora talmente presente nell'opinione pubblica italiana da rendere difficoltoso, se non impossibile, analizzare la figura di Silvio Berlusconi senza finire per far infuriare qualcuno.
Si ha la sensazione che per trent'anni milioni di italiani abbiano perso tempo dietro uno show a reti unificate: tonnellate di libri, ore di speciali, sketch comici, persino film. E sia Berlusconi che i suoi oppositori ne hanno tratto vantaggio. Nel frattempo, la nostra sovranità veniva fatta a pezzi, giorno dopo giorno. L'Italia finiva ridotta, come disse Paul Krugman, "allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera." Il tutto con il fanatismo del centrosinistra e la complicità del centrodestra, esattamente come oggi.
Dunque cosa o chi è stato Berlusconi? Uno spregiudicato imprenditore che ha usato la politica per i suoi interessi? Una scheggia impazzita considerata inaffidabile da certi ambienti euro-atlantici? Un'espressione della natura più verace degli italiani? Un piduista senza scrupoli? Un macchiettistico e scaltro mediatore internazionale? Cosa pesa di più, l'amicizia con Gheddafi o il silenzio post-Monti? Il lettone di Putin o il "kapò" a Schultz?
Domande a cui ognuno può dare la sua risposta. Una sola cosa sembra certa: si chiude un'epoca e se ne apre un'altra. E qui risulta lampante tutta la pochezza di una classe politica che in trent'anni di berlusconismo e antiberlusconismo non ha saputo (né voluto) partorire un'idea di nazione degna di questo nome.
Di questo dovremmo tutti parlare, su questo dovremmo interrogarci. O stiamo di nuovo guardando altrove?