Viviamo nella postmodernità, risucchiati dalla globalizzazione che ha dissolto, squagliato, liquefatto la nostra società, tra politiche volte alla distruzione delle sovranità nazionali, dei popoli e delle loro identità. Anneghiamo nella cancel culture e nella religione del politicamente corretto, nell’omologazione e nell’imposizione dei neo-valori della società liberale e libertaria, fondata sul dirittumanismo e l’inclusività intesi come abbattimento di ogni limite e confine. Come ben scritto da Borgonovo, questa “è l’eutanasia dell’Europa, divenuta arida come la gola di chi muore di sete”.
Per questo c’è bisogno di patrioti, di cavalieri, di samurai. C’è bisogno di “bushi”, di guerrieri che si donino alla propria comunità, che la difendano con il cuore e con la spada. Bisogna tornare alla triade mazziniana di valori su cui si fonda la nostra millenaria civiltà: Dio, Patria Famiglia. Che, come ben spiega Francesco, “ci obbligano a prendere atto della realtà: non esistiamo come particelle elementari, ma come membra vive di un corpo e di uno spirito che ci rendono ciò che siamo e che allo stesso tempo ci trascendono. A tenere assieme questo corpo e questo spirito sono legami di amore di gratuità e di dovere, cioè slanci dell’anima.”
A questo ci mettono davanti i tempi che corrono. Ad uno slancio d’eroico coraggio, che ci spinga come antichi guerrieri ad impugnare la spada. Quella spada con cui difendere la nostra comunità, ma anche con la quale tracciare limiti e confini, geografici e simbolici, perché l’uomo senza confini e limiti è sperso, privato della sua identità. La spada serve anche a recidere il superfluo, gli abbagli, i luccichii della società capitalista e consumista, della competizione e dello sfruttamento del prossimo. Recidere questo malsano ed ingannevole superfluo frutto del materialismo radicale su cui si fonda questa iniqua società ci consente di rifiutare il modello dell’homo economicus e ci permette di intraprendere la strada per un altro tipo di economia, un’economia centrata sull’armonia, sulla preservazione e la conservazione di ciò che abbiamo, non sullo sfruttamento della nostra terra e del nostro popolo. Dobbiamo, per dirla con le parole di Francesco, passare ad una “oikonomia”, fondata sul dono, sulla gratuità e sull’amore per il nostro prossimo, ovvero, colui che ci è vicino, che ci è a fianco: i nostri cari, la nostra gens, la nostra familia, in sostanza la nostra Patria.
Dobbiamo ripensare un altro mondo e rifondarlo, ripartendo dalla riaffermazione delle comunità, delle loro tradizioni e dei loro millenari valori. Abbiamo bisogno di una rivoluzione conservatrice, perché il senso di communitas si fonda sull’amore per la nostra gente e permette di donarci ad essa attraverso un tipo particolare di dono: il “munus”. Come ben sottolinea Francesco Borgonovo: “la comunità, ha chiarito il filosofo Roberto Esposito, si basa sul munus, cioè su un tipo molto particolare di dono: «Il munus è l’obbligo che si è contratto nei confronti dell’altro e che sollecita un’adeguata disobbligazione. La gratitudine che esige nuova donazione.»”
Insomma il munus ce lo donano i nostri avi: è la loro eredità. Noi siamo chiamati a prendercene cura e a trasmetterla ai nostri figli, alle future generazioni. Il munus ci permette di rinsaldare quei legami che ci rendono corpo unico, che determinano ed affermano la nostra civiltà e permettono di contrapporci ed ergerci a baluardo contro la dissoluzione della nostra società. Dobbiamo immunizzarci dal virus della modernità e dalla sua malefica e pericolosa variante: la postmodernità. Per uscire da questo limbo e risorgere da quest’epoca senza passato nè futuro, da questo eterno presente popolato da giovani-adulti eterni adolescenti, c’è bisogno più che mai di "Conservare L’Anima: Manuale Per Aspiranti Patrioti" di Francesco Borgonovo.