Recenti politiche di svilimento, ridimensionamento e trascuratezza nei confronti del curriculum liceale classico possono condurre a una serie di conseguenze che è bene esplicitare nella maniera più chiara possibile.
Il processo educativo, dagli Anni ’90 di questo secolo, in Italia come in Europa (e forse ancora prima nel resto d’Europa), privilegia una dimensione liberistica, privatistica, tecnologica e non culturale dello studio. Procede altresì in parallelo a uno svilimento dell’umanesimo, del sapere critico, dell’impegno mnemonico, letterario, estetico, storico-linguistico.
Se tali politiche proseguiranno, è inevitabile un loro riflesso (peraltro già in atto), sulle politiche universitarie future, ovvero sul destino dei corsi di Scienze dell’Antichità/Lettere Classiche tuttora attivi negli atenei italiani.
Lo studente in entrata, non più posto nella condizione di tradurre direttamente dai testi, mancherà delle basi necessarie per affrontare un curriculum antichistico. In questo scenario, si delineano due conseguenze realistiche:
disinteresse verso tali corsi e progressiva loro chiusura sul territorio nazionale, con restrizione ai centri di maggior prestigio (ancora in grado di organizzare lettorati, laboratori, dottorati), verosimilmente concentrati sul territorio dell’Italia centro-meridionale e in un paio di città settentrionali;
trasformazione dei medesimi in ‘antropologia, storia della cultura, dell’immagine, del teatro classici’ et similia: si prevedono laureati non in grado di padroneggiare i testi, ma semplicemente di condurre discorsi generici e approssimativi intorno ai testi stessi.
In entrambe le prospettive le conoscenze approfondite, un tempo a disposizione di tutti gli interessati, si dirigeranno a una cerchia ristrettissima di studenti, ai quali l’insegnamento attraverso opere, lingua e grammatica sarà impartito in forme collaterali e volontarie da docenti oberati da altra didattica. In sostanza, ciò che è necessario e fondante diventerà accessorio e marginale; soprattutto, opzionale.
Di conseguenza, futuri reclutamenti universitari, sempre più fondati su criteri quantitativi e non qualitativi e del tutto indifferenti od ostili rispetto a materie linguistiche e filologiche, saranno fatti in altri settori, con perdita progressiva delle cattedre nei settori di Greco, Latino, Linguistica Storica (Glottologia) e materie annesse. Diverrà altresì impossibile affrontare in maniera scientificamente accreditata autori italiani ed europei fortemente impregnati di cultura classica, latina o greco-latina. Fra gli altri: Dante, Leopardi, Pascoli, Shakespeare, Milton, Goethe, Hölderlin, Molière, Cervantes, Calderón de la Barca etc..
L’idea di Eurasia, dalle sue radici fino all’attualità, risulterà inesistente alla maggior parte dei laureati in discipline umanistiche, i quali, non conoscendola, non saranno in grado di trasmetterla.
Tale operazione assume i connotati di un genocidio culturale.