La crisi ambientale causata dall'abuso delle fonti energetiche fossili paventata da anni sull'onda del fenomeno Greta Thumberg e pompata dai soliti noti (multinazionali, organismi internazionali, UE) ha avuto come contraltare una reazione uguale e contraria, generando il rifiuto aprioristico di una fetta della popolazione nel valutare le opportunità ed i vantaggi delle energie rinnovabili e creando un’eccesiva polarizzazione sull'argomento.
Ciò ha reso - di fatto - quasi impossibile lo sviluppo di una posizione di buon senso sull'argomento.
Da un lato i super-mega-ultra progressisti attratti dal mito della green-economy insieme ai catastrofisti del disastro ambientale, fanatici delle emissioni zero da CO2. Dall'altro - non meno fanatici - tutti coloro i quali rifiutano soltanto di vagliare le opportunità delle rinnovabili e l'oggettiva ed ineludibile realtà dell'esaurimento delle fonti fossili, nonché dell'elevato impatto ambientale che innegabilmente provocano e che - senza fanatismi di sorta - sarebbe meglio iniziare a ridurre.
La questione russo-ucraina e la derivante crisi geopolitica (che a sua volta determinerà ulteriori aumenti dei prezzi del gas e della benzina, vista l'interdipendenza energetica), ci dà l'opportunità di affrontare la questione - alla luce anche della nuova situazione storica con la fine della globalizzazione e dell'egemonia del dollaro - e di fare un'analisi scevra da pregiudizi e preconcetti che spesso, ahimè, affliggono anche la nostra area politica.
Partiamo da un dato: al giorno d'oggi le rinnovabili coprono appena il 20% del fabbisogno mondiale. In testa troviamo il petrolio con il 35%, a seguire il carbone con il 24% ed il gas con il 21%. A chiudere, ben distante, il nucleare che copre appena il 6%.
Com'è noto, questi risorse si distinguono fra rinnovabili e non rinnovabili. Le rinnovabili sono riconducibili a fonti naturali non soggette ad esaurimento (solare, idroelettrica, eolica, geotermica, da biomassa, delle maree o moto ondoso).
Le non rinnovabili si dividono a loro volta in due grandi categorie: fossili (petrolio, gas, carbone) e nucleari.
La domanda di energia nel mondo è in forte crescita (+30% al 2040) ma con un andamento fortemente differente per aree geografiche: modesta nei paesi industrializzati, in forte crescita in quelli in via di sviluppo, i quali rappresenteranno più del 60% della domanda globale tra vent'anni.
Le fonti in maggiore espansione sul mercato - a scapito del petrolio e del carbone - sono gas e rinnovabili. Il nucleare non vedrà intaccata la sua quota.
Il petrolio sta progressivamente perdendo importanza relativa (dal 45% dell'energia primaria degli anni '70 all'attuale 30% ed al 28% nel 2030), ma il suo consumo in termini assoluti è comunque in crescita.
Il carbone è previsto in forte calo nei paesi OCSE, compensato dalla crescita di India e Cina.
Il prezzo del carbone, grazie al bilanciamento tra domanda e offerta, risulterà più equilibrato di quello del petrolio.
Il nucleare è previsto in crescita solo nei paesi non Ocse, in particolare Cina, Corea, India, Russia.
Per quanto riguarda il gas, la domanda globale è prevista in significativo aumento, dai 3300 miliardi di metri cubo del 2010 agli oltre 5000 previsti nel 2035.
Le rinnovabili sono le fonti previste più in crescita, sia in valore relativo che in valore assoluto. Tale crescita sarà guidata sicuramente dalla spinta ambientalista ma soprattutto dall'auspicata riduzione dei costi delle tecnologie nei prossimi venti anni che consentiranno di mettere in competizione molte delle fonti rinnovabili con le tecnologie fossili tradizionali.
Vediamo ora i principali pregi e difetti delle rinnovabili.
Energia solare: gratuità, rinnovabilità e disponibilità illimitata nel tempo, quantità e diffusione della fonte energetica. Ma presenta lo svantaggio di essere disponibile con una ridotta potenza per superficie, quindi richiede una grande estensione degli impianti di raccolta per qualsiasi tipo di utilizzo.
Energia idroelettrica: in Italia rappresenta la principale fonte energetica alternativa ai combustibili fossili e garantisce circa il 15% del fabbisogno energetico nazionale. Il sistema di produzione richiede poche risorse e poca energia di partenza per funzionare, inoltre consente la produzione immediata di energia all'occorrenza. Per costruire le dighe delle centrali si è stimato che due terzi dei fiumi siano stati modificati. E infatti, se tra i vantaggi vi è certamente la fisiologica rinnovabilità della fonte, tra gli svantaggi figura l'incombenza che le centrali non possono essere costruite ovunque ma solo vicino a un fiume di grande portata.
Energia eolica: questa fonte è pulita ed ha un bassissimo impatto ambientale, la zona in cui viene installato l'impianto è facilmente reversibile, il parco eolico necessita di una superficie ambientale minore di quello fotovoltaico. Il costo di mantenimento dell'impianto è inferiore ad altre tipologie. Lo svantaggio principale: in termini ambientali, le grandi centrali eoliche hanno un forte impatto paesaggistico e producono un imponente inquinamento acustico a discapito delle comunità adiacenti. Inoltre le grandi pale al termine della propria vita non sono in alcun modo riciclabili, per questo deveno esser semplicemente interrate.
Energia geotermica: è l'energia generata per mezzo di fonti geologiche di calore. Il vantaggio principale - a differenza dell'eolica e della solare - è l’essere sempre disponibile indipendentemente dall'alternanza giorno/notte e dalle situazioni metereologiche del sito. Le centrali non sono dannose per l'ambiente. Un ulteriore vantaggio è garantito dal possibile riutilizzo in ambito industriale degli scarti di produzione. I principali svantaggi: l'odore prodotto dalla centrale e soprattutto la deturpazione del paesaggio circostante a causa dell'enorme "rete di tubature".
Energia da biomassa: la biomassa è la frazione biodegradabile dei prodotti, residui di origini biologiche provenienti dall'agricoltura, dalla silvicoltura, dalla pesca, dall'acquacoltura nonché dalla parte degradabile dei rifiuti urbani e industriali. Le biomasse sono sicuramente una fonte di energia su cui puntare: le centrali a biomassa si basano su un meccanismo virtuoso di riciclo e riutilizzo degli scarti, sono ampiamente disponibili, vengono usate anche per produrre biogas utile anche come combustibile; infine, le centrali a biomassa non hanno bisogno di complicate tecnologie.
Energia da maree e moto ondoso: anche se poco conosciuta potrebbe diventare la fonte di energia alternativa più utilizzata al mondo entro il 2050. Grazie alla sua conformazione geografica, l’Italia potrebbe essere tra i paesi leader nello sviluppo di nuove tecnologie per l'utilizzo dell'energia marina. Le centrali mareomotrici hanno ancora dei limiti applicativi: alto costo di installazione, difficoltà nel trovare collocazione, discontinuità nella produzione di energia, disturbo per l'ecosistema e in maniera particolare per la fauna ittica.
Ora, quest'articolo non si prefigge di dare una risposta all'argomento - del resto così complesso da meritare un dibattito serio tra il mondo politico, quello accademico e della ricerca slegato dalle logiche imposte dall'UE e dalle multinazionali - ma di aprire il dibattito sulle opportunità da cogliere, fondamentali per perseguire la sovranità della nostra nazione che per forza di cose deve passare anche da una maggiore autonomia energetica.
A tal proposito, credo che lo sviluppo delle rinnovabili e delle tecnologie legate ad esse siano un’immensa opportunità di crescita economica. Viste le nostre spiccate doti nella tecnica e nell'innovazione, anziché subire questa rivoluzione tecnologica adottando soluzioni proposteci (e imposteci) da altri, potremmo essere il Paese motore di questa transizione. Che, con buona pace degli ultra-conservatori, prima o poi avverrà visto il fisiologico esaurisi delle fonti di energia fossile. Il tutto senza, naturalmente, aver bisogno di esasperare drasticamente i tempi, senza divieti e vincoli sulle fonti in auge come si prepara a fare l'Unione europea.