Con l’annuncio di ieri del commissario europeo all’ambiente Timmermans – sì, proprio lo stesso Timmermans che da vice di Juncker tanti lutti addusse agli achei – abbiamo appreso che Germania e Commissione hanno finalmente trovato un accordo sui cosiddetti e-fuel. In sostanza, il regolamento recentemente votato dal Parlamento europeo che dispone il divieto a partire dal 2035 di immatricolare nuovi veicoli a motore termico prevedrà una “piccola” deroga per i motori termici che faranno uso di questi carburanti sintetici. Rimarranno invece tagliati fuori i biocarburanti, ossia, in poche parole, i combustibili prodotti a partire dalle biomasse.
La notizia, che di per sé può apparire soltanto come l’ennesimo passo del delirio abbracciato da buona parte del Vecchio Continente noto al secolo sotto il nome di “transizione ecologica”, racchiude in realtà alcuni elementi che, se ben soppesati, permettono di trarre qualche considerazione interessante.
In primis, occorre constatare per l’ennesima volta come a Bruxelles l’idiozia prevalga sulla malizia. Infatti persino un provvedimento esplicitamente filo-tedesco, che puntando a metter fuori gioco le auto a motore termico costituisce naturalmente un assist a quell’automotive che da tempo cerca di rilanciarsi scommettendo sull’elettrico, diventa inaccettabile per la stessa Germania se concepito in balia del fanatismo. Neppure a Berlino possono pensare realisticamente di abbandonare del tutto la produzione di veicoli diesel o benzina nel giro di soli dodici anni.
In secondo luogo, tanto per cambiare, osserviamo che una decisione presa in sede europea produce effetti straordinariamente asimmetrici su diversi Paesi dell’Unione. Si dia il caso infatti che la Germania non sia solo la nazione con l’apparato industriale più lanciato nella strada della transizione “green”, ma che sia anche la prima produttrice europea di e-fuel. L’Italia invece, guarda caso, ha scommesso negli ultimi anni proprio sui biocarburanti. Non è così difficile capire quale Paese risulterà avvantaggiato e quale sarà affossato dall’accordo raggiunto dalla Commissione.
Infine, c’è una terza riflessione in cui val la pena addentrarsi a partire da questa notizia, sebbene sia decisamente meno scontata delle altre due. La messa al bando dei biocarburanti dal 2035 non è un torto che l’Unione europea fa solamente all’Italia, ma anche e soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, che proprio di biocarburanti sono i principali produttori. Questo è un dato curioso, che apparentemente stride con l’impostazione sdraiata sui desiderata di Washington che ha tenuto Bruxelles nel corso dell’ultimo anno. Ma a volte, si sa, le apparenze ingannano.
L’Unione europea infatti ha seguito pedissequamente le linee americane in ambito militare o, meglio, in materia di scelte strategiche. Tuttavia notizie come quella di ieri ci dimostrano che ancora oggi, in campo economico, le istanze più pesanti a Bruxelles sono quelle espresse da Berlino. E questo non è un dettaglio da poco, visto che la costruzione europea ha una notevole rilevanza sul fronte economico ma una totale inconsistenza sotto il profilo geopolitico.
Cosa succederà quindi a un’UE così ambivalente quando lo iato tra Berlino e Washington che abbiamo visto allargarsi negli ultimi anni andrà troppo oltre? Bruxelles avrà la possibilità di scegliere la sponda dell’Atlantico a cui votarsi integralmente oppure tutta la baracca blu a stelle gialle si strapperà per la tensione, magari grazie alla spintarella di un attore terzo capace di incunearsi nella faglia fra americani e tedeschi? E quest’attore terzo potrebbe essere l’Italia?
Son queste le domande che deve porsi chi si batte per la sovranità del nostro Paese. E anche con una certa urgenza. Perché oggi, per la prima volta, si stanno cominciando a delineare gli scenari che potrebbero permetterci di fare davvero nell'arco dei prossimi dieci anni quello che abbiamo sostenuto si dovesse fare nel corso degli scorsi dieci.