Capita, sempre più di frequente, osservare installazioni moderne su palazzi storici.
A nulla valgono i vincoli paesaggistici se poi possono essere agevolmente aggirati dai mandanti di quello che è, di fatto, un deturpamento premeditato della bellezza, un pulcricidio.
La salvaguardia e la promozione della bellezza sono un punto cruciale e programmatico di Pro Italia, incluse nel suo manifesto e che, a nostro avviso, dovranno essere integrate chiaramente nella Costituzione Italiana.
La prevaricazione modernista sul patrimonio storico-architettonico delle città d’Italia, è rappresentata da architetti che, evidentemente incapaci di progettare e disegnare altrettanta atterrante e secolare bellezza, divengono bulli nei confronti dei centri storici, coperti - e talvolta incentivati - nella loro attività sfregiante, a tratti iconoclasta, da amministrazioni che assumono il ruolo di docenti conniventi, per interesse o medesima incapacità, col bullo.
Ci ritroviamo quindi ad osservare i nostri meravigliosi quartieri e borghi tramutarsi in vetrerie a cielo aperto, con gli appositi tralicci ed impalcature d’acciaio sui quali vengono appoggiate le lastre trasparenti appena sfornate.
Lorsignori hanno anche il coraggio di adoperare parole quali “riqualificazione”, “progresso”, “evoluzione” ed anche “bellezza” senza, peraltro, provare vergogna nel pronunciarle, accostandole alle ormai onnipresenti “resilienza”, “sostenibilità” e “inclusività”, adoperate vacuamente, a sproposito, ma con l’unica, precisa utilità di inserire semanticamente la loro malefatta nel contesto del “bene”.
Il mantra del “non ci sono alternative” ha trovato terreno fertile anche nell’architettura, sostituendo la concezione urbanistica di costruzione dei quartieri e delle città per le persone con la generazione di non-luoghi, rispondendo, presuntivamente, a quelle esigenze che portano come nome le parole d’ordine poc’anzi espresse.
E queste parole d’ordine non possono sottostare ad epoche e manifestazioni che non le contemplavano, vi si scagliano pertanto contro, rileggendone la Storia, dichiarandola inaccettabile e quindi da modificare, quando non proprio da cancellare.
Lontana dal misoneismo, Pro Italia promuove l’evoluzione della tecnica anche attraverso l’utilizzo di nuovi materiali e nella ricerca di nuove forme, ma non quando ciò viene attuato prevalentemente deformando quelle canoniche preesistenti, destrutturandole traducendosi in produzioni amebiformi, flesse, invertite, flaccide; appaiono come materia alla costante ricerca di una finitezza, di un’identità, che non raggiungono.
Ancor peggio: la struttura stessa di tali edifici contempla pareti inesistenti, al posto delle quali vengono posti pannelli di vetro, acciaio o altro materiale “leggero” facilmente amovibili e sostituibili con forme e colori differenti. Grandi spazi vuoti promossi come “polifunzionali”, ossia possono essere tutto poiché non sono niente. Quello che per alcuni potrebbe apparire - o essere profondamente - un vantaggio, rappresenta l’applicazione architettonica di quelle idee che rifuggono qualsivoglia identità, laddove la stabilità ed il carattere sono viste come un ostacolo da rimuovere.
Al contempo viene promossa una fluidità di forme, colori, contenuti, usi ed estetiche dettate da una volubilità continua, dell’essere ogni giorno qualcosa di diverso in base a stimoli variabili, primo fra tutti quello dettato dal commercio.
Le proposte architettoniche di certe firme nei centri storici con ibridazioni violente e sconnesse tra la struttura secolare e le applicazioni moderniste, nonché le inaccettabili demolizioni e rimpiazzamenti di interi edifici con brutture in vetro, cemento ed acciaio, lasciano un senso profondo di ingiustizia e rabbia negli osservatori di questi scempi che abbiano conservato un giudizio indipendente dalla propaganda del nulla. E tale nulla è omnipervasivo spingendosi alla rilettura, alla distruzione dei centri storici e alla Storia dei centri, procedendo alla sostituzione o deturpamento degli esistenti e costruendone di nuovi, con palazzi, quartieri e città in grado di cambiare continuamente il volto, in grado di determinare un disorientamento perpetuo, privo di punti di riferimento riconoscibili, condivisibili, riproponibili, come possono essere una facciata, un particolare portone, un fregio specifico.
Estremizzando il concetto, in un futuro prossimo la certezza di essere in un dato preciso posto visitato anni (o mesi) prima, in virtù della volubilità ontologica dei non-luoghi così prodotti, potrebbe venire solo dalle coordinate di geolocalizzazione senza averne riscontro visivo sul luogo circostante, senza quindi riconoscere il luogo.
La riproposizione all’infinito, globalizzante di questo modello, senza declinazione specifica riflettente la cultura ed il pensiero del popolo della nazione o della città in cui ci si trova, condurrà a città identiche in ogni paese del mondo, così che stare a Los Angeles o a Firenze potrebbe non avere alcuna differenza nel panorama cittadino. Un’infinita riproposizione del nulla.
Ma questo è già realtà per molte città definite moderne.
Pro Italia crede in uno sviluppo architettonico, tecnico ed urbanistico in grado di leggere profondamente la Storia dei luoghi, di rispettarla e celebrarla. Crediamo nella progettazione e nella proposizione di un borgo del terzo millennio come fulcro della vita cittadina, nel rispetto della natura, nella ideazione delle città come luoghi di vita e di comunità. Crediamo nella bellezza, nelle colonne e nelle mura che scrivono una storia e la tramandino ai posteri.