L'ondata di maltempo che ha investito l'Emilia-Romagna ha prodotto conseguenze catastrofiche: due morti, centinaia di sfollati, scuole chiuse e attività paralizzate in molti comuni. Anno dopo anno assistiamo sempre più frequentemente a tragedie di questo tipo. E l'unica risposta che viene dalle istituzioni è sempre la stessa: questi fenomeni meteorologici "estremi" sono causati dal cambiamento climatico e quindi non ci si può far nulla.
Ora, è chiaro che non serve entrare nel merito del dibattito sul "claimatceing" per capire che si tratta di una clamorosa arrampicata sugli specchi per svicolare dalle proprie responsabilità. Ammesso (e non concesso) che le precipitazioni si siano fatte sempre più concentrate e localizzate nel corso degli ultimi decenni, uno Stato degno di questo nome dovrebbe a maggior ragione realizzare importanti investimenti infrastrutturali per contrastare il dissesto idrogeologico.
E invece quel poco che Bruxelles ci concede di spendere siamo costretti a gettarlo sul finanziamento di sedicenti transizioni, che siano "green" o "digital" poco importa. Così rimaniamo condannati, ogni dannata volta che si verifica un disastro, a scoprire troppo tardi quanto sarebbe stato utile dedicare fondi ed energie alla cura del nostro territorio.
Mettiamocelo bene in testa: la messa in sicurezza degli argini dei corsi d'acqua non la finanzieremo certo acquistando auto elettriche o "digitalizzando" i nostri uffici postali. Anzi.
È tutta qui, nelle immagini drammatiche di queste ore, la rappresentazione plastica della vera urgenza che abbiamo noi italiani: tornare padroni del nostro destino. Oggi stringiamo in un abbraccio forte tutti gli emiliani e i romagnoli colpiti da questa sciagura. Domani troviamo il coraggio di lottare per ciò per cui dobbiamo lottare.