Il disastro della centrale idroelettrica di Bargi è soltanto l'ultimo atto di una tragedia senza fine a cui in Italia sembriamo esserci abituati: la tragedia delle morti sul lavoro. Soltanto negli ultimi mesi abbiamo assistito a tre vere e proprie stragi: il cantiere ferroviario di Brandizzo, il cantiere edile di Firenze e, da ultima, la centrale idroelettrica nel bacino di Suviana. In tutte e tre le circostanze, le vittime lavoravano per una ditta in subappalto.
Oggi, come accade ogni volta che si verifica un dramma di questa gravità, si fa un gran parlare dell'assenza di una "cultura della sicurezza" e della "necessità di più controlli sul lavoro". Tutte uscite altisonanti dei soliti soloni che però, come al solito, ignorano o fingono di ignorare l'elefante nella stanza: lo stato del mercato del lavoro nel nostro Paese.
Nella stragrande maggioranza dei casi, poco sorprendetemente, il primo a conoscere i rischi del proprio lavoro è proprio chi lavora. Chi passa le giornate sui ponteggi o in officina sa bene quali sono i pericoli che corre. Peccato che per ottenere sicurezza sul posto di lavoro bisogna essere nelle condizioni di poterla pretendere. E qui, tragicamente, casca l'asino: lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro nel nostro Paese è tale da non permettere a tanti, troppi, lavoratori di pretendere alcunché.
Per chi non avesse familiarità con i livelli di disoccupazione e sottoccupazione che si registrano in Italia, per chi non vivesse sulla sua pelle gli effetti di un tasso di precarietà che cresce anno dopo anno, basti un fatto: persino nel pubblico, da decenni, si esternalizzano sempre più attività per minimizzare le spese. E a prevalere in questa logica del massimo ribasso sono spesso imprese che, fatalmente, non pongono al primo posto la sicurezza. E badate bene che queste storture non ricadono soltanto sui lavoratori dipendenti: ci sono migliaia di partite iva che per sbarcare il lunario sono costrette a prendersi rischi che, se potessero permetterselo, non si prenderebbero mai.
Insomma, non è una semplice questione di controlli che mancano. Non sarà mai possibile, e non è neppure auspicabile, avere un ispettore stanziato permanentemente in ogni cantiere e in ogni fabbrica. Ciò che è possibile, e decisamente auspicabile, è restituire dignità al lavoro. E state pur tranquilli che, quando il lavoro c'è, la dignità se la prende. Per questo è dovere di uno Stato degno di questo nome creare lavoro e offrire prospettive di realizzazione. Non certo tenere "i conti in ordine" per poi trovarsi regolarmente a piangere le vittime della propria insipienza.