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24 ottobre: da Caporetto a Vittorio Veneto

24 ottobre: da Caporetto a Vittorio Veneto

Giovedì 24 Ottobre 2024

Ci sono date che, nella storia di un Paese, assumono un peso specifico particolare. Sono come delle pietre miliari, che segnano un prima e un dopo, cariche di eventi e significati che si sovrappongono e si intrecciano. Per l'Italia, il 24 ottobre è una di queste. 

Occorse ad un anno di distanza l'una dall'altra, poco più di un secolo fa, due battaglie hanno segnato profondamente la memoria collettiva del nostro Paese: la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) e la gloriosa vittoria del Piave (24 ottobre 1918). È quasi come se il destino avesse voluto che due eventi tanto fondamentali quanto antipodici per la Storia italiana - trattandosi di una pesante sconfitta l'una (Caporetto) e di una trionfale vittoria l'altra (Vittorio Veneto) - fossero legati da un filo invisibile. Un filo invisibile al quale, nelle prossime righe, proveremo umilmente a dare un nome.

Andiamo con ordine. 

La battaglia di Caporetto, combattuta tra il 24 ottobre e il 12 novembre 1917, rappresenta, per l'Italia, sicuramente uno dei momenti più drammatici e controversi all'interno del contesto della Grande Guerra. Questa sconfitta, ancora oggi, viene spesso descritta come un disastro epocale, il simbolo di una disfatta totale che ha segnato in modo indelebile la memoria collettiva del Paese. 

Eppure, sebbene Caporetto abbia, in effetti, rappresentato una dura ed inaspettata batosta per l'esercito italiano (abituato a due anni di manovre offensive più che difensive sul fronte dell'Isonzo) non fu affatto unica nel suo genere nel contesto della Prima Guerra Mondiale. 

Altre nazioni, durante la Grande Guerra, subirono sconfitte del tutto sovrapponibili per la loro entità a quella inferta al Regio Esercito da parte delle armate austro-tedesche a Caporetto: basti pensare a quanto accaduto sul fronte occidentale nell'agosto del 1914, con la grande avanzata tedesca arrestatasi sulla Marna, o alle offensive e controffensive combattute sul fronte austro-russo della Galizia.

Dunque, perché Caporetto è passata alla storia come la sconfitta delle sconfitte? In poche parole, perché Caporetto è stata una Caporetto?

Al netto di molte cose che si sono scritte e dette nel corso del tempo, spesso anche molto diverse l'una dall'altra, a giudizio di chi scrive, le ragioni principali per cui Caporetto è stata ingigantita a disastro totale, ben oltre la reale entità dell'evento accaduto, risiedono nell'atteggiamento auto-razzista e auto-denigratorio tipico di una certa cultura italiana e, soprattutto, nell'idea che l'Italia del tempo aveva di sé stessa.

L'Italia si era presentata alla vigilia della guerra con un velato, ma profondo, complesso di inferiorità nei confronti delle altre nazioni. Questa fragilità era figlia del fatto che, tolte le prime vittorie sabaude del 1859 (coadiuvate da un decisivo sostegno esterno, nella figura di Napoleone III), l'Italia post-unitaria, non aveva mai avuto banchi di prova significativi, se non in occasione di umilianti sconfitte (Custoza e Lissa, nel 1866, o, più recentemente, Adua, nel 1896, costituirono un emblematico esempio).

A peggiorare il tutto era, poi, una certa immagine caricaturale che veniva data degli italiani dell'epoca: nelle riviste satiriche, sovente, il soldato italiano veniva raffigurato come un'inaffidabile guascone di bassa statura, ben poco marziale e più simile ad un brigante che ad un militare.

In questo contesto, l'esercito italiano, al netto di una fiducia nella vittoria pomposamente ostentata più che altro a parole, covava in sé un'intima paura latente di svelare la propria vulnerabilità.

La percezione era quella che il demone della sconfitta potesse manifestarsi in qualsiasi momento e come in una sorta di profezia auto-avverante ciò avvenne proprio con la battaglia di Caporetto. Tuttavia, sebbene inizialmente percepita come un vero e proprio shock da parte del Paese, questa sconfitta si rivelò un momento di catarsi per l'Italia. 

La resistenza sul Piave divenne il simbolo di una nuova determinazione e della volontà di riscatto. Il fronte del Piave non fu solo una questione militare: esso rappresentò una sorta di rinascita spirituale per gli italiani. La resistenza contro le forze austro-ungariche si trasformò in un atto di eroismo che risvegliò in molti un senso di identità nazionale. Questo cambiamento non avvenne in modo casuale, ma fu il risultato di una necessità collettiva di metabolizzare un disastro - Caporetto - che era impossibile nascondere, non tanto al mondo, quanto a sé stessi.

In questo contesto, figure come Gabriele D’Annunzio (vero e proprio "influencer" dell'epoca), furono capaci di elaborare una narrazione mitopoietica che servì a dare senso al lutto di Caporetto. 

La guerra, fino a quel momento, era stata concepita in termini sostanzialmente laici.
Tuttavia, a partire dal 1918, il fattore che potremmo definire "religioso" cominciò a emergere con maggiore forza: il soldato italiano divenne una figura tragica e gloriosa, paragonabile a un martire che testimoniava la fede nella Patria. Questa trasformazione si manifestò attraverso l'associazione del combattente caduto con la figura di Cristo, creando una religione laica che celebrava il sacrificio in nome della nazione. Le vicende belliche furono paragonate alla Passione, alla morte e alla resurrezione di Cristo, dando vita a una sorta di sacra rappresentazione della guerra. L' Angelo della Carità, una statua presente presso il cimitero degli eroi di Aquileia, è un ottima raffigurazione allegorica di questa nuova idea di guerra.

La battaglia di Vittorio Veneto, iniziata il 24 ottobre del 1918 (esattamente un anno dopo Caporetto) divenne l'apoteosi di questa nuova narrazione: se Caporetto era stata il buio, Vittorio Veneto diveniva ora la luce.

Insomma, se dovessimo dare un nome a quel filo invisibile che ha legato Caporetto e Vittorio Veneto, le luci e le ombre della nostra Storia, esso sarebbe "Idea".

Già, perchè queste due battaglie hanno rappresentato in maniera emblematica il potere che le idee hanno nella costruzione della Storia. È proprio attraverso le idee che si plasmano le identità nazionali e si definiscono i percorsi storici. A Caporetto, l’idea di inferiorità portò alla sconfitta; a Vittorio Veneto, l’idea di rivalsa portò alla vittoria.

Nella storia, le idee hanno sempre avuto un ruolo cruciale nel muovere gli eventi. Non sono solo le armi o le strategie a determinare il corso dei fenomeni storici, ma anche le percezioni, le narrazioni e le convinzioni collettive. Il modo in cui una nazione si vede può influenzare profondamente il suo destino. Come abbiamo visto, le idee possono ispirare grandi gesta o condurre a catastrofi. 

E, allora, in questo 24 ottobre, onoriamo il ricordo dei nostri soldati, ma riflettiamo anche sul potere delle idee nel plasmare il nostro passato e il nostro futuro. Solo attraverso una comprensione profonda delle nostre esperienze storiche potremo costruire una narrazione collettiva che celebri sia le nostre vittorie che le nostre sconfitte, riconoscendo in esse i semi di una nuova identità nazionale.

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