L'insostenibile italianità di Silvio

Le registrazioni di Berlusconi trapelate dicono soltanto una cosa: quello che (quasi) tutti gli italiani pensano

Le registrazioni di Berlusconi trapelate dicono soltanto una cosa: quello che (quasi) tutti gli italiani pensano

Giovedì 20 Ottobre 2022

Le parole di Berlusconi sul conflitto in Ucraina, trapelate grazie alla registrazione di un audio "clandestino" durante una riunione con i parlamentari di Forza Italia, hanno provocato un terremoto nel dibattito politico di questi giorni. C'è addirittura chi sostiene che queste uscite possano compromettere seriamente la nascita dell'esecutivo Meloni, essendo state proferite maliziosamente proprio a ridosso delle consultazioni al Colle.

Ovviamente le raffinate speculazioni di questi acuti dietrologisti sono sciocchezze. Il centro-destra non si lascerà di certo scappare l'opportunità di occupare Palazzo Chigi: vedrete che in un modo o nell'altro questo Governo si farà. Eppure le riflessioni condivise con i suoi dal Silvione nazionale una rilevanza politica ce l'hanno. Altroché se ce l’hanno.

Sia che siano state sussurrate in un momento di sprovveduta sincerità in camera caritatis, sia che siano state pronunciate con il preciso intento di sparigliare per forzare meglio la mano nelle trattative per questo o quel ministero, le parole di Berlusconi sulla vicenda ucraina non raccontano nient'altro che l'autentico pensiero di Berlusconi. E dunque mettono a nudo ciò che, in fondo in fondo, pensa la stragrande maggioranza degli italiani.

Che piaccia o non piaccia, infatti, Silvio ha incarnato a lungo, e forse incarna tutt'ora, lo spirito esalato dalla nostra comunità nazionale. Per dirla con Hegel, è un individuo cosmico-storico, un protagonista assoluto di questi tempi che è stato capace di cogliere la direzione in cui si muoveva la nostra Storia e farsene artefice di primo piano. Nel bene o nel male, consapevolmente o inconsapevolmente, Berlusconi ha sussunto nel suo personaggio alcuni dei tratti distintivi dell'italianità e questo è straordinariamente evidente soprattutto nei rapporti con i leader esteri. La simpatia, la stima e il rispetto reciproco fra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin sono la puntuale trasposizione a livello personale della simpatia, della stima e del rispetto reciproco che vigono fra il popolo italiano e quello russo, come risultato dei rapporti intrecciati nel corso di secoli di storia fra le due collettività. E lo stesso vale per la malcelata antipatia verso i tedeschi - ricordiamo tutti quanti l'epiteto che Berlusconi riservò alla cancelliera Merkel nel corso di una celebre telefonata - o per l’artificiosa accondiscendenza nei confronti degli americani.

È tutta qui, dunque, la rilevanza politica delle uscite di Silvio. Ci ha chiarito una volta per tutte, meglio di ogni sondaggio, che gli italiani, tolti i pochi invasati che siedeno nelle redazioni “che contano”, non sono affatto convinti che sia una buona idea sostenere le ostilità nei confronti della Russia. E ci ha confermato anche che questa reticenza è radicata in maniera del tutto trasversale, non è diffusa soltanto fra le classi popolari, sempre più refrattarie a bersi la martellante propaganda dei media mainstream, ma anche in un pezzo molto significativo delle élite nostrane, ben consapevoli del baratro in cui rischia di finire il nostro apparato industriale in caso di rottura completa dei rapporti economici (e in particolare energetici) con la Federazione Russa.

Sia ben chiaro: non c’è da farsi illusioni. Non sarà certo grazie a questa consapevolezza ritrovata che il prossimo Governo potrà cambiare la linea sostanzialmente guerrafondaia del nostro Paese. La nostra traiettoria, almeno per qualche tempo, è segnata: per sedere a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha scelto di giurare eterna e illimitata fedeltà a Washington. Indipendentemente dalle conseguenze per famiglie e imprese italiane, il Governo di centro-destra che verrà sarà più atlantista degli americani stessi.

Il vero problema sarà capire per quanto a lungo potrà protrarsi uno iato così profondo fra il popolo italiano e la sua classe politica. Certo, pensando a tutto ciò che abbiamo visto negli ultimi vent’anni, sembrerebbe inopportuno nutrire qualche speranza. Ma quando c’è di mezzo lo spettro di un conflitto mondiale, con conseguenze del tutto irreversibili, è lecito confidare nell’istinto di autoconservazione e immaginare che certi andazzi possano cambiare. E possano farlo in fretta.
 

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