Fra le tante ferite inferte al nostro Paese dal 1992, annus horribilis della storia repubblicana, ce n'è una ancora aperta che non accenna a rimarginarsi. È la demonizzazione della politica, che nel discorso pubblico viene ridotta da Mani Pulite in poi ad attività per malandrini, per lestofanti, per gente incapace ma spregiudicata che non sarebbe in grado di sbarcare il lunario con un lavoro onesto.
È con questo racconto che il 1992, l'anno di Maastricht e del Britannia oltreché di Tangentopoli, uccide definitivamente l'autonomia della politica e, con essa, l'indipendenza della nazione. E c'è un uomo che più di ogni altro ha subito sulla propria pelle la violenza di questo delitto: Bettino Craxi.
Val la pena ricordarlo: prima di diventare il simbolo o, meglio, il martire della stagione più drammatica della nostra storia recente, Craxi, tra luci e ombre, tra alti e bassi, ha letteralmente plasmato a propria immagine e somiglianza almeno dieci anni di vita pubblica italiana. Politicamente parlando, infatti, il craxismo è gli anni '80 e gli anni '80 sono il craxismo.
Da buon politico del suo tempo, Craxi ha messo al riparo per quanto ha potuto l’economia mista italiana dal vento neoliberale che soffiava da oltreoceano. Da buon politico del suo tempo, ha animato gli ultimi sussulti della nostra politica estera, dall’episodio di Sigonella al pubblico sostegno all’OLP, dal golpe medico in Tunisia alla volta in cui salvò la vita a Gheddafi. Da buon politico del suo tempo, è stato vittima del proprio machiavellismo: quello che lo portò a firmare l’Atto unico illudendosi di poter sfruttare l’integrazione europea come mezzo per le proprie partite interne, salvo poi rendersi conto che per l’Italia l’Europa sarebbe stata “nella migliore delle ipotesi un limbo, nella peggiore un inferno.”
Craxi, con i suoi pregi e i suoi difetti, ha incarnato lo spirito di un'Italia sofferente ma con la schiena dritta. Un’Italia, sì, profondamente ferita dalla morte di Moro eppure ancora orgogliosa, pronta a rivendicare con le unghie e con i denti la propria indipendenza e la propria dignità.
Per questo oggi, a ventitré anni dalla scomparsa, è giusto ricordare Bettino Craxi. Il politico che, nel bene e nel male, per almeno un decennio, ha interpretato l'animo del nostro popolo e provato a tracciare una rotta per il nostro Paese. L'ultimo vero statista che l'Italia abbia avuto.