Nel corso di questa settimana ai titolari di centinaia di migliaia di aziende di tutta Italia è arrivata una PEC minatoria dall'Agenzia delle Entrate che segnala la rilevazione di un'anomalia con la dichiarazione dei redditi dello scorso anno. Perché parliamo di email minatoria? Molto semplice: perché a riceverla non sono state soltanto realtà rimaste indietro con il versamento di qualche imposta ma imprese di ogni genere, di qualsiasi dimensione e in qualsiasi condizione fiscale (persino alcune che nel 2023 non esistevano proprio). Insomma, questi messaggi intimidatori sono stati spediti letteralmente a pioggia, con il raffinato criterio del 'ndo cojo, cojo.
Questa cosa si chiama TERRORISMO FISCALE.
E ora qualcuno potrebbe chiedersi come mai sia stata fatta un'operazione di questa portata. Anche qui la risposta è molto semplice: l'obiettivo è spingere quanti più possibili ad aderire al Concordato Preventivo Biennale. Per chi non fosse pratico, il CPB dovrebbe essere una sorta di accordo fra contribuente e Agenzia delle Entrate nel quale, in teoria, l'Agenzia effettua una proposta di imposizione fiscale sulla base dei dati storici a disposizione e il contribuente può scegliere se aderire o meno. Questo in teoria, perché in pratica si tratta di un semplice ricatto: se l'impresa non accetta la stima proposta dall'Agenzia su quanto dovrà versare nel corso di un biennio (indipendentemente da quanto effettivamente fatturerà), finisce in un girone dantesco di accertamenti e controlli fiscali.
Purtroppo non stiamo parlando di una novità: già qualche mese fa, alla presentazione del CPB, gli scagnozzi ministeriali avevano fatto intendere che la mancata adesione avrebbe fatto scattare dei "controlli aggiuntivi e specifici" su base completamente arbitraria. Tradotto: cari imprenditori, da oggi vi riteniamo tutti evasori fino a prova contraria. E chi se ne frega se siamo in una crisi economica che ha messo in difficolta le nostre piccole e medie imprese: vi spremeremo comunque fino all'ultimo centesimo.
Capite cosa significa fare impresa in Italia? Non si tratta soltanto di avere a che fare con una burocrazia infernale, ma proprio di vivere con una costante spada di Damocle sopra la testa. O accetti di farti taglieggiare dallo Stato, impegnandoti a versare cifre che non sai neppure se riuscirai a incassare, o diventi un evasore fino a prova contraria. Tutto questo naturalmente vale per le PMI, perché se invece si parla dei colossi che possono permettersi uno squadrone di commercialisti l'Unione europea mette a disposizione mille espedienti per eludere il fisco a norma di legge.
Che al Governo ci sia il PD o che ci siano i "patrioti" che in campagna elettorale cianciano di flat tax, il paradigma a cui si rifà lo Stato italiano quando c'è da batter cassa è sempre lo stesso: forte con i deboli e debole con i forti. Così vanno le cose nello Stato-maestrina.