Che l'anniversario dell'unità d'Italia passi quasi inosservato in quella mezza bacinella ricolma di adepti del vincolo esterno che è, oggi, il Parlamento, non può destare stupore. Così come non sorprende il silenzio del circo mediatico, emanazione della cultura anti-nazionale che soffoca qualsiasi vagito di amor patrio da decenni.
Ma è davvero grottesco che una simile data, così cruciale nella Storia degli italiani, venga snobbata anche da quella parte di Paese che invoca la riconquista della sovranità nazionale a ogni piè sospinto.
Nessun popolo che voglia emanciparsi può farlo disconoscendo le proprie radici, o peggio, sminuendo i processi di unificazione nazionale. Quest'ultimi sono da sempre travagliati, a ogni latitudine. Chi crede che Francia o Inghilterra siano nate da un afflato popolare sotto una pioggia di petali di rosa dovrebbe informarsi meglio. Così come chi crede che il sentimento nazionale risponda sempre agli stessi canoni, ignorando come, nel caso dell'Italia, il campanilismo regionale sia parte integrante, non sostitutiva, dell'identità italiana. Guicciardini e Machiavelli ne parlavano animosamente, discutendo su quale "forma" dare a una possibile penisola unita, se "federale" o guidata da un unico Principe. Ma nessuno dei due, e parliamo del XVI secolo, si sarebbe mai sognato di negare l'esistenza degli italiani, di cui già si parlava apertamente nell'Alto Medioevo.
A questo dovremmo aggiungere i sette secoli (almeno!) di unità amministrativa romana che diedero allo stivale una connotazione unica, solida e riconoscibile (Italia domina provinciarum) e che delinearono i primi confini della collettività italica. Un lavoro talmente efficace da aver resistito, a livello culturale e popolare, alla frammentazione della penisola a seguito della calata dei Longobardi e successivamente dei Franchi. Le grandi e prospere città italiane (Firenze, Napoli, Venezia, Genova ecc...) svilupparono le proprie peculiarità, anche in lotta tra di loro, ma senza mai spezzare il sottostrato culturale, linguistico e artistico che le legava, dalla Scuola Siciliana ai versi di Dante.
E si potrebbe andare avanti a lungo. All'argomento dedicheremo svariati contenuti, sia video che scritti, per sviscerarne ogni aspetto.
Tuttavia qui il punto è un altro: il valore dell'unità d'Italia. Dare per scontato tale accadimento, soprassedere alla sua ricorrenza oppure derubricarlo a mera congiura non rende giustizia alla complessità e alla profondità della Storia.
Raccontare gli aspetti meno noti, e in certi tratti oscuri, dell'epopea risorgimentale non deve in alcun modo farci dimenticare come l'unità della penisola poggiasse da secoli su basi reali. E la vergognosa disparità tra Mezzogiorno e Settentrione, così come qualsiasi iniquità sociale, va affrontata nell'ottica della rivendicazione del diritto a una classe politica realmente improntata all'interesse nazionale.
Vi sono mille cose di cui possiamo essere orgogliosi: come romani, napoletani, veneziani, milanesi, palermitani... Ma, soprattutto, oggi più che mai, come italiani.