"Italia mia", il grido di Petrarca

Il poeta aretino sognava una penisola unita e libera

Il poeta aretino sognava una penisola unita e libera

Lunedì 18 Ottobre 2021

Uno dei capisaldi della retorica anti-italiana tanto cara ai difensori del vincolo esterno è quello della derisione, quando non della negazione, del concetto stesso di Italia nella Storia.

A queste persone spesso consiglio di leggere la poesia "Italia Mia" di Francesco Petrarca, datata 1344-45.

Petrarca sa che le sue parole non possono sanare le ferite che attraversano tutta l'Italia, ma non vuole rimanere in silenzio: "Italia mia, benché ’l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sì spesse veggio, piacemi almen che’ miei sospir’ sian quali spera ’l Tevero et l’Arno, e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio."

Strofa dopo strofa, il poeta trasmette al lettore tutto il suo dolore nel vedere l'Italia attraversata dallo straniero e dilaniata da conflitti interni. Conflitti che impediscono ai vari stati italiani di far fronte comune alle invasioni: "Voi cui Fortuna à posto in mano il freno de le belle contrade, di che nulla pietà par che vi stringa, che fan qui tante pellegrine spade?"

Petrarca delinea anche i confini di un'Italia unita e coesa, quando dice: "ben provide Natura al nostro stato, quando de l’Alpi schermo pose fra noi et la tedesca rabbia."

Il poeta ricorda i fasti di Roma e sottolinea che i mercenari germanici che imperversano in Italia sono i discendenti dei barbari sconfitti da Mario: "questo popolo è della stessa stirpe di quella gente senza civiltà a cui, come narra la storia, Gaio Mario squarciò il fianco al punto che la memoria di quel gesto ancora non si estingue."

Con la rabbia e la speranza nel cuore, Petrarca implora i vari principi e signori italiani di cessare lo scontro fratricida: "Nel passaggio in questo mondo vogliate deporre l'odio e lo sdegno, che sono venti contrari alla vita serena. e quel tempo che spendete per dare pena agli altri, possa convertirsi in qualche atto più degno di mano o d'intelletto."

Infine, la poesia diventa un messaggio di pace per tutta l'Italia: "Troverai la tua fortuna tra pochi uomini magnanimi a cui piace il bene. Di' loro: "Chi mi protegge? Io vado gridando: Pace, pace, pace"."

Questa è la nostra Storia. Possiamo accettare che venga rimossa, cancellata e svilita per convincerci a rimanere succubi. O possiamo riscoprirla e trarne ispirazione per rialzarci. Sta a noi, e solo a noi, fare questa scelta.

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